Canè
Partiamo dal fronte. Le cose vanno male per l’Ucraina. L’avanzata russa è massiccia, anticamera, finito il lungo inverno, di un possibile attacco finale. Kiev ha bisogno di aiuto, tanto e urgente. Purtroppo, non l’ha avuto nei tempi necessari. Il Senato Usa ha traccheggiato, l’Europa in totale ha mobilitato 11,1 miliardi di euro, ma gli ultimi 50 li ha deliberati (non tutti erogati) solo il primo febbraio dopo un lungo braccio di ferro con Orban. Tardi. Non è detto che Kiev cada, ma è certo che farà molta fatica a contenere l’Armata russa. E noi? Noi non possiamo essere "binari" come il vincitore dell’Eurofestival. Dobbiamo stare con Kiev senza se e senza ma, perché, come ha spiegato ieri il ministro Crosetto al nostro Beppe Boni, se Mosca sfonda "potrebbe succedere di tutto, compreso, Dio non voglia, il prodromo di un’altra guerra". Globale. Dunque, armi, proiettili, perché "servono a non far morire l’Ucraina", anche se la soluzione del conflitto non potrà che essere diplomatica. Il problema, insomma, non è solo il quanto, ma soprattutto il quando: i tempi. Anche per aumentare e modernizzare le nostre difese.
Più spese militari non per offendere, come non vuole la nostra Costituzione, ma per difendersi, in un mondo cambiato (in peggio) dove gli eserciti si sono gonfiati con gli appetiti di leader ingordi come Putin, dove tante armi non resteranno ad arrugginire negli arsenali. E ha ragione Crosetto: se si vuole arrivare al necessario e obbligato (dalla Nato) 2% del Pil, bisogna che queste spese escano dal patto di stabilità. Nel dubbio, nel nord Europa (Norvegia, Estonia...) già superano il 4%. Dice: loro sono al fronte. Anche noi, a un passo. Dunque, bene impostare la futura difesa europea. Benissimo il piano di finanziamenti Bei per la sicurezza Ue. Progetti a lungo respiro. Ma a breve c’è l’Italia. Esercito, marina, addestramento, tecnologie. Il nostro fronte. Oggi.