di Olga Mugnaini
Ogni sindaco vorrebbe vivere una nuova stagione del Rinascimento. E più che mai il primo cittadino di Firenze. Da inquilino della Sala di Clemente VII a Palazzo Vecchio, Dario Nardella ci prova, anche con iniziative che mettano insieme energie e risorse, idee e sfide di settori e lontani ma complementari e fondamentali a raggiungere una nuova stagione di sviluppo, economico, sociale e culturale.
Sindaco Nardella, da dove iniziare visti i tempi così cupi?
"Qual è, mi chiedo, il nostro orizzonte oggi? Forse è da qui che dobbiamo iniziare. Siamo al termine di un anno che mai avremmo pensato di vivere e al quale eravamo completamente impreparati. Un nuovo virus ci ha mostrato plasticamente quanto piccoli siamo di fronte alla natura, quanto nudi di fronte alle paure, quanto vulnerabili noi che ci credevamo dominatori. Guardiamo dunque a un primo orizzonte, quello sanitario: con comprensibile speranza ci appelliamo alla ricerca scientifica e attendiamo impazienti una possibile cura o una possibile vaccinazione che ci metta al riparo da ulteriori malattie e morti".
Il passo successivo quale dovrà essere?
"Diciamo che nel frattempo non possiamo e non dobbiamo dimenticare altri orizzonti necessari ad uscire il più possibile incolumi, non dal punto di vista fisico ma da quello spirituale, da questa pandemia. Mi soffermo su due, quello sociale e quello culturale, che in generale stanno sotto un comune denominatore che definirei ‘umano’".
A cosa pensa?
"Negli ultimi mesi abbiamo assistito a comportamenti sociali molto diversi: dalle canzoni ai balconi, dalla sincera speranza espressa da arcobaleni e messaggi come ‘andrà tutto bene’, dai medici eroi, dai locatori generosi che sospendono gli affitti, siamo passati a un capovolgimento generale di sentimenti e azioni. Ecco allora che durante questa seconda ondata del Covid abbiamo dato sfogo agli istinti più beceri, agli egoismi, alla follia dei negazionisti. La distanza sanitaria si è trasformata in abissale distanza sociale e anzi il virus ci ha racchiusi non solo nelle nostre case ma soprattutto nelle nostre bolle di convinzioni e certezze, escludendo tutto ciò che sta fuori".
Purtroppo fuori ci sono anche tante difficoltà economiche.
"Sì, è vero. Fuori stanno sempre le nuove povertà, la perdita del lavoro, il declino economico. Un complessivo impoverimento, non solo economico dunque ma anche sociale, ma anche educativo a causa dei ripetuti stop e delle incertezze in cui naviga a vista il mondo della scuola, ma anche e in definitiva, morale. Per questo guardo con necessaria fiducia anche al terzo orizzonte cui accennavo, quello culturale".
Orizzonte culturale da declinare in che modo?
"Intendo un orizzonte largo e frastagliato che accoglie lungo di sé i nostri beni artistici, la nostra musica, gli spettacoli dal vivo, le rappresentazioni teatrali, ma soprattutto la consapevolezza della bellezza e della ricchezza che sanno generare in noi. Passeggio per Firenze e tutto è cultura: in ogni angolo sbuca un palazzo storico, una statua, un’opera d’arte, un museo. Ma se è vero che tutto questo senza l’uomo non varrebbe nulla, è altrettanto vero che noi senza cultura non saremmo uomini".
La storia ci aiuta e ci insegna?
"Direi proprio di sì. Dai secoli più bui e dalle pandemie più devastanti del passato Firenze ha risposto creando l’embrione del Rinascimento e dell’Umanesimo. La nostra città, il mondo, rinasceranno anche dopo il Covid. Abbiamo strumenti cognitivi, scientifici, tecnologici e culturali per batterlo. Sono certo che ce la faremo. Ma è una sfida difficile che dovremo combattere insieme, senza lasciare indietro nessuno. Ognuno ha il suo compito, dai Governi alle città, dai politici ai sindaci. Ma il compito principale è dentro ciascuno: è quella voglia non solo di combattere ma di migliorare i propri orizzonti, di non sprecare un’occasione".
Lei ha usato la parola “migliorare”.
"L’ho usata perché questa pandemia deve essere l’occasione di ripensare a tutto il nostro modo di vivere e di correggerne quante più storture e ineguaglianze possibili. A Firenze ci stiamo provando, con il Piano Rinasce Firenze, un documento aperto al contributo di tutti per la ‘rinascita’ della città dopo il Coronavirus. Ci siamo posti nuovi obiettivi come sostenibilità, mobilità green, un nuovo modello di turismo, innovazione e conoscenza per una città sempre più inclusiva, vivibile, intelligente".
Cosa si aspetta allora dall’anno prossimo?
"Il 2021 sarà l’anno della rinascita, di un Orizzonte Rinascimento che sarà un po’ il nostro filo conduttore, di un percorso che avvieremo insieme e che ci condurrà, io credo, in un porto diverso e che sta a noi rendere una nuova casa sicura, con tutta quell’umanità di cui abbiamo bisogno".