Giovedì 16 Maggio 2024
ALESSIA GOZZI
Economia

Taglio dell’Irpef anticipato al 2017. Renzi punta sulla svolta fiscale

Il viceministro Morando: in ballo anche il cuneo dei contributi

8 - Matteo Renzi

8 - Matteo Renzi

ROMA, 29 febbraio 2016 - IL VENTO è cambiato, anche dalle parti di Bruxelles. E Renzi è deciso a cogliere l’attimo, spingendo l’acceleratore sul taglio delle tasse. Già nella conferenza stampa di fine anno il premier aveva lasciato intendere di avere in mente qualcosa in più del taglio dell’Ires nel 2017. Ma non aveva estratto il coniglio dal cilindro «per non sconvolgere Padoan». I conigli in realtà sarebbero più di uno: c’è l’ipotesi di anticipare il taglio dell’Irpef nel 2017 ma anche quella di ridurre i contributi sul lavoro. Idea, questa, lanciata dal sottosegretario Tommaso Nannicini e che potrebbe essere ripresa dai cassetti di Palazzo Chigi. «Si tratterebbe – spiega chi ha seguito il dossier – di tradurre il bonus temporaneo per i neoassunti in un taglio permanente del cuneo fiscale-contributivo in busta paga, da suddividere tra lavoratore e datore di lavoro». Costo: 2,1 miliardi ogni punto tagliato. Per quanto riguarda l’Irpef, si punta a lavorare sul balzo di aliquota dal 27% (fino a 28mila euro) al 38% (da 28mila a 55 mila) che penalizza la classe media.    DUE IPOTESI avallate anche dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando, che non esclude «l’anticipo al 2017 di iniziative programmate per il 2018». Poi, spiega, «che si intervenga direttamente sull’Irpef o indirettamente attraverso la riduzione del prelievo contributivo fiscalizzando gli oneri, lo vedremo quando saremo in grado di ipotizzare concretamente l’intervento». «I segnali emersi dall’incontro con Juncker sono incoraggianti – dice uno dei consiglieri del premier – ma poi bisogna vedere i numeri». Con la crescita meno robusta del previsto, 18 miliardi di clausole di salvaguardia da eliminare e l’intervento sull’Ires già in programma, ulteriori spazi di manovra possono arrivare solo dalla flessibilità Ue. L’entità dipenderà dall’esito della trattativa che il ministro del Tesoro sta conducendo con il commissario Pierre Moscovici.  A prezzo di una piccola correzione quest’anno (2-3 miliardi), per il 2017 non è più un tabù chiedere altra flessibilità. Il governo, nel Documento di economia e finanza, ha fissato il rapporto deficit/Pil nel 2017 all’1,1% e la Commissione avrebbe fatto sapere di essere disposta a concedere ancora uno 0,2-0,5%. Renzi vorrebbe portarlo attorno al 2%, usando i circa 15 miliardi di flessibilità per tagliare le tasse: il pacchetto fiscale 2017 salirebbe a 30 miliardi. Idee che hanno fatto saltare in molti sulla sedia. Come l’altro viceministro del Tesoro: «Anticipare il taglio Irpef al 2017? Magari, ma inviterei a non ripetere il clamoroso errore fatto con l’Ires – avverte Enrico Zanetti –. La tentata anticipazione al 2016 ha fatto percepire il taglio nel 2017 come una mezza marcia indietro mentre è un grande passo avanti». E, nel 2018, rilancia la «flat tax del ceto medio», cioè un’aliquota Irpef unica tra i 30 e i 60mila euro.   TUTTI d’accordo sulla necessità di tagliare le tasse, un po’ meno sui tempi. Anche nell’entourage di Renzi c’è chi tira il freno: «Aspettiamo di capire quanto spazio abbiamo esattamente di deficito». Il disgelo con Bruxelles è appena iniaziato e «ci sono ancora troppi chiari di luna». Renzi sta tastando il terreno per vedere se c’è lo spazio, anche politico, per accelerare. Ma la direzione è quella. «Le tasse scenderanno», ripete ai suoi.

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