Domenica 28 Aprile 2024

Sfida al terrore, il piano di Obama «Insieme sconfiggeremo l'Isis»

dall’inviato Giampaolo Pioli NEW YORK DOMANI ne discuterà col Congresso a porte chiuse. Mercoledì lo spiegherà alla nazione. Con un doppio avvitamento in poche settimane Obama fa sapere che rinvierà la prova di forza per la legge sull’immigrazione a dopo le elezioni di medio termine a novembre, ma potenzierà la sua campagna aerea con bombardieri e droni contro le truppe Isis non solo in Iraq ma anche in Siria e in tutto il Medio Oriente. Gli attacchi ieri e i raid per salvare la diga di Hadita sono solo il prologo di un’azione che potrebbe diventare a tappeto. Ma non sarà un nuovo 2003: Barack non manderà altre truppe di terra, ma userà bombe missili, piloti e telecomandi. Una nuova guerra dall’aria quando le guerre in Iraq e Afghanistan dovevano finire. «Le forze dell’Isis — dice il presidente alla Nbc — saranno decimate e distrutte». È un target unico per l’intera coalizione internazionale che gli Usa stanno mettendo insieme con gli alleati della Nato. Una campagna che prende il sopravvento sulle priorità Usa anche a costo di scontentare la grande componente ispanica che contava sulla promessa di mettere fine alla precarietà di 14 milioni di cittadini illegali che da decenni vivono e lavorano negli Stati Uniti e che speravano di venir regolarizzati entro l’anno. «Affronterò il problema dell’immigrazione con un atto presidenziale», ripete. BARACK mercoledì di ritorno dal vertice Nato vuole giocarsi in patria la carta della sicurezza. L’intensificazione dei bombardamenti aerei per fermare l’avanzata dell’Isis e del Califfato diventa in realtà una risposta indiretta anche ad Al-Qaeda che minaccia di spostare le sue operazioni in India sfruttando un’alleanza con i servizi segreti pakistani, da anni specialisti del doppio gioco e omertosi con l’America. La ‘campagna di settembre’ che Obama lancerà mercoledì chiedendo un appoggio trasversale anche ad alleati come Iran e lo stesso governo di Damasco, si dovrà basare sull’appoggio indiretto della Russia di Putin, ma anche sui governanti di Islamabad che dovranno condividere una linea di demarcazione antiterrorismo con Washington. Kabul, Bagdad e Damasco diventano gli anelli di un’unica catena che potrebbe stringere anche Paesi più lontani come Somalia, Libia e Yemen. Mediatori e finanziatori delle parti in lotta come Egitto, Arabia Saudita e Qatar, sono chiamati a una prova di trasparenza senza precedenti. IL SUO DISCORSO alla vigilia del 13°anniversario dell’11 settembre sarà di fatto un’altra prova di forza americana su basi nuove: gli Usa non saranno più unico leader, ma solo un forte contribuente a una partnership contro il terrore che gioca sulle divisioni del mondo musulmano. Il vero contenitore di questo laboratorio politico-militare sarà la prossima assemblea generale Onu il 24 settembre. Allora si capirà se potranno essere ridisegnati duraturi equilibri senza aumentare il numero delle guerre in corso.