Mercoledì 24 Aprile 2024

Quelle cattedrali a pagamento

QUANDO entrate nella moschea di Cipro dovete togliervi le scarpe, quando entrate a Notre Dame di Parigi dovete togliervi il cappello. Perché mai se entrate in una chiesa italiana con dipinti...

PHILIPPE DAVERIO

QUANDO entrate nella moschea di Cipro dovete togliervi le scarpe, quando entrate a Notre Dame di Parigi dovete togliervi il cappello. Perché mai se entrate in una chiesa italiana con dipinti importanti dovete togliervi i soldi di tasca e pagare come se entraste in un museo? In alcune chiese di Palermo si paga perché sono edifici di culto ormai derubricati e le cooperative che le tengono aperte ben hanno il diritto ad una remunerazione: succede a Santa Caterina che era chiusa da anni e che un gruppo di volontari tiene aperta. A Milano in Duomo l’ingresso è gratuito e talvolta viene separata l’area di celebrazione da quella aperta al pubblico più curioso che partecipativo; in cambio si paga per salire sul tetto e girare fra le guglie e la cosa è assolutamente corretta in quanto quello non è luogo di culto e i danari così raccolti servono alla conservazione del monumento.

QUI sta il cuore della questione: le chiese d’Italia sono da un lato edifici delle fede e dall’altro monumenti che narrano la storia dell’architettura e della pittura in modo encomiabile. Il patrimonio storico che esse vanno a formare è unico al mondo e i soldi per conservarlo sono oggi purtroppo scarsissimi. Sicché la richiesta d’un sostegno economico a chi le visita non appare affatto fuori luogo. Ci sono ovviamente casi bizzarri e non pochi.

Ad Arezzo nella chiesa di San Francesco, per evitare che si possa vedere gratuitamente il noto affresco di Piero della Francesca, v’è un muro di separazione poco elegante nell’abside oltre il quale si passa solo con l’obolo pagato: genera un certo imbarazzo pensando a Francesco il poverello e al della Francesca suo emulo. Pure a Palermo in cattedrale si paga per vedere la tomba del laico Federico II. La soluzione più pragmatica in questo senso è stata adottata dal Metropolitan Museum di New York che essendo municipale rappresenta la città stessa e come tale svolge una funzione di servizio culturale.

Non c’è biglietto obbligatorio, almeno in linea teorica, ma si devolve una cifra fissa per la quale si riceve un pin da appendere sulla giacca: ogni visitatore diventa un fiero donatore. Il servizio culturale e quelle cultuale non sono in effetti la medesima cosa, ma sarebbe bello se anche nelle chiese si devolvesse, in maniera non obbligatoria, un obolo per la conservazione. Al buon cuore.