Giovedì 16 Maggio 2024
MARCO GAVIGLIO
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Nibali firma col nuovo team del Bahrain

Ufficiale il passaggio del campione siciliano alla squadra fondata dal discusso principe Nasser Al Khalifa, pronta a rilevare la licenza World Tour dalla Lampre

Vincenzo Nibali, vincitore a febbraio del Tour of Oman, e ora pronto al Bahrain (Getty)

Vincenzo Nibali, vincitore a febbraio del Tour of Oman, e ora pronto al Bahrain (Getty)

Genova, 3 agosto 2016 - Vincenzo Nibali e Bahrain-Merida, questo matrimonio s'ha da fare: è di questa mattina l'annuncio ufficiale dell'ingaggio del campione siciliano, che diventa a tutti gli effetti il primo corridore a sposare il progetto della neonata formazione bahrenita. «Sono stato da subito affascintao all'idea di un progetto frote costruito intorno a me - le parole di Nibali -. Ho creduto in questa squadra sin dal primo giorno perché hanno una visione chiara ed è un progetto portato avanti da alcuni dei migliori professionisti di questo sport. La fiducia che hanno mostrato nei miei confronti mi ha convinto a prendere la decisione finale per questa nuova eccitante avventura della mia carriera. Non vedo l'ora di ripagare la loro fiducia nelle più importanti corse al mondo indossando la maglia della Bahrain Merida». Progetto esotico, sì, ma solido nelle fondamenta tecniche, quello sposato da Nibali. General manager sarà infatti il sudafricano Brent Copeland, tra i fondatori del progetto Qhubeka che ha già portato al World Tour il ciclismo africano, e attualmente responsabile dalla Lampre-Merida che con ogni probabilità cederà la propria licenza per il massimo circuito mondiale proprio al nuovo Bahrain Cycling Team. Altro trait d'union tra le due formazioni è appunto quello del fornitore di bicilette, l'azienda taiwanese Merida, che si slegherà dalla Lampre per fornire le biciclette a Nibali e compagni. Già, i compagni: come detto, al momento l'unico corridore tesserato per la Bahrain-Merida è appunto Nibali, ma è alquanto probabile che dall'avventura in Astana lo seguano anche due fedelissimi come Valerio Agnoli e Alessandro Vanotti, entrambi in scadenza di contratto e relegati ad un ruolo marginale in questa loro ultima stagione con i kazaki. Anche il preparatore atletico Paolo Slongo, che cura gli allenamenti di Nibali fin dai tempi della Liquigas, dovrebbe continuare a far parte del "cerchio magico" del siciliano anche nel nuovo progetto. Tornando alla "cugina" Lampre, poi, non è da escludere che anche Diego Ulissi possa essere tentato dal cambio di maglia. Resteranno in Astana, invece, i due principali gregari che hanno assistito Nibali nei suoi trionfi al Tour e al Giro: l'estone Tanel Kangert ed il marchigiano Michele Scarponi, entrambi freschi di rinnovo con il team gestito da Alexandre Vinokourov. Anche il danese Fuglsang è legato ai kazaki per un'altra stagione, mentre Diego Rosa è un altro dei pezzi pregiati del mercato. Difficilmente resterà in maglia celeste, ma per lui c'è la fila: Sky, Bmc, Orica ed Etixx sono tutte interessate, e il piemontese ha solo l'imbarazzo della scelta. Tornando a Nibali, comunque, le vere preoccupazioni legate al nuovo progetto non derivano tanto dal mercato, che sicuramente porterà in dote qualche altro elemento di peso, quanto dalle polemiche sollevate da diverse associazioni attive nel campo dei diritti umani, preoccupate per le violazioni di cui si è resa responsabile la casa regnante bahrenita alla quale appartiene anche il principale promotore del Bahrain Cycling Team, vale a dire il controverso principe Nasser bin Hamad Al Khalifa. Il Bahrain è infatti un paese a maggioranza sciita, governato però in maniera autoritaria dagli Al Khalifa, sunniti e fedeli alleati di un potente e tutt'altro che limpido vicino come l'Arabia Saudita. Qui la primavera araba è stata stroncata sul nascere con l'uso della forza, nel 2011, e da allora i richiami della comunità internazionale si sono succeduti con sempre maggiore insistenza: il Bahrain è anche una sorta di "casinó a cielo aperto" nel quale i sudditi sauditi possono dare sfogo a tutte quella attività che il regime wahabita, ipocritamente, proibisce a casa loro ma autorizza, appunto, sulla piccola isola dirimpetto: dal consumo di alcol al fumo, passando per il gioco d'azzardo e la prostituzione.

In molti hanno chiesto quindi all'Uci di rifiutare l'affiliazione di una squadra nata in questo contesto geopolitico, non senza qualche ragione. Ma la questione è davvero complessa, e in fondo anche il governo kazako che sta dietro alla stessa Astana, governato ininterrottamente dalla sua indipendenza nel 1991 a oggi da Nursultan Nazarbaev, è tutto meno che un paese specchiato dal punto di vista democratico. Per non parlare degli interessi diretti che altri discussi emirati del Golfo, dal Qatar ad Abu Dhabi, hanno ai più alti livelli sportivi, dal calcio alla formula uno, senza tuttavia suscitare la stessa levata di scudi nell'opinione pubblica.