Lunedì 29 Aprile 2024

Il tragico volo degli ex fidanzati «L'ha trascinata con se nel vuoto»

Anna Giorgi MILANO UN VOLO di otto piani e un botto a terra che sembra un colpo di pistola. Quel rumore sordo, violento, è preceduto da urla disperate, una voce di donna: «Lasciami, no, ti prego, aspetta, aiuto». Pochi istanti dopo, sul pavimento di cemento del seminterrato di un palazzo borghese, al civico 16 di via Novaro, prima periferia nord di Milano, ci sono due corpi. Sono quelli di Pietro Maxymilian Di Paola, 20 anni, e quello della sua ex fidanzata, Alessandra Pelizzi, 19 anni. È lunedì notte, quasi l’una: lei, a terra, è già morta, lui rantola. Qualcuno nel condominio vede, sente, avverte la polizia e il 118, il ragazzo viene portato all’ospedale San Gerardo di Monza, dove muore ieri mattina, alle sette e trenta circa. Omicidio-suicidio, dicono gli investigatori della polizia. Le immagini della tragedia sono sequenze impresse nella mente di chi ha visto. Lui che si lancia e trascina lei nel vuoto. Oppure, secondo altri, lui che spinge lei e poi la segue. Pochi istanti prima ancora loro due sul terrazzo del superattico, all’ottavo piano, che parlano appoggiati alla ringhiera. In quel momento sono soli in casa. E questo, dicono gli investigatori, impedisce di avere certezze assolute sulla dinamica. In appartamento, i poliziotti trovano una lunga lettera scritta da Pietro, in cui lui manifesta tutto il suo «disagio interiore». Lo chiama così, quel travaglio che lo tormenta da sempre e che già un anno fa lo aveva spinto a tentare il suicidio. Allora era rimasto a lungo sul cornicione, poi era stato salvato da un vigile che l’aveva convinto a non lanciarsi dalla finestra. Ma la notte scorsa era troppo disperato e troppo deciso a farla finita. Lo ha fatto insieme ad «Ale», la sua ex che lui amava ancora tanto, ma che non era più riuscito a riconquistare. «Perciò anche lei deve provare la solitudine e poi morire». Pietro, brasiliano di origine, era stato adottato ancora bambino assieme alla sorella, ma non aveva mai superato il trauma. «Quando qualche tempo fa i genitori adottivi si erano separati — racconta chi lo conosce — e il padre si era rifatto una vita, lui si era di nuovo sentito non voluto. Era molto fragile Pietro». E nella sua testa c’era sempre Alessandra. Lei lo aveva lasciato. Lui non sopportava l’abbandono. Amori giovanili, storie da ragazzi, che cominciano sui banchi di scuola e poi svaniscono. Succede spesso. Ma lui senza di lei non voleva più vivere. E, forse, non voleva che vivesse più nemmeno lei, spiegano in Procura. «Un ultimo chiarimento Ale. Dammi un’altra opportunità», le chiede. LUNEDÌ sera Pietro organizza una cena a casa sua, c’è Alessandra e c’è una coppia di amici. Lui sa già come finirà. «Lasciateci soli per un po’ — dice Pietro all’altra coppia —, abbiamo bisogno di parlare». Gli amici raccontano di essere scesi a comperare le sigarette, di aver fatto un giro in macchina. Intanto Pietro e Alessandra si spostano sul balcone. Cosa si siano detti in quel momento non lo saprà mai nessuno. E nemmeno cosa sia successo veramente. Ci sono solo lampi di una tragedia, un balletto di sagome che si muovono nel buio. Lei che urla, chiede aiuto, forse litigano, o forse lei urla perché lui le dice di volersi buttare di sotto. Qualcuno dice di aver visto lei divincolarsi, ma è notte e non ci sono luci. Una vicina di casa, Samantha di Lecce, giura di avere visto il ragazzo che la spingeva nel vuoto. Lui che la strattona. Ancora una sequenza: sono entrambi fuori dalla ringhiera, nel punto più alto. Poi i corpi che volano giù. [email protected]