Giovedì 25 Aprile 2024

Sposini ricorre in appello contro la Rai e chiede più di 10 milioni

Il giornalista, colto da malore prima che andasse in onda il programma 'La vita in diretta', accusa la Rai di essere responsabile nelle negligenze delle prime cure ricevute dai medici dell'azienda

Lamberto Sposini (Imagoeconomica)

Lamberto Sposini (Imagoeconomica)

Roma, 7 settembre 2015  - Il giornalista ed anchorman televisivo Lamberto Sposini ha presentato ricorso in appello contro la Rai per "ottenere risarcimento" rispetto a tempi e modalità del soccorso attuato poco prima che andasse in onda il programma 'La vita in diretta'. Le prime cure ricevute quel 29 aprile 2011 secondo Sposini furono piene di errori e negligenze. Il processo è stato fissato al 5 luglio del 2016 davanti ai giudici del II collegio della corte d'appello di Roma in funzione di tribunale del lavoro. 

Sposini esige un risarcimento di oltre 10 milioni di euro, ma in prima istanza, nel febbraio scorso, la domanda di risarcimento era stata rigettata in quanto il giudice Maria Pia Magaldi aveva stabilito che né la Rai né i primi soccorritori, potevano essere giudicati responsabili di errori nelle cure.

In base agli atti nel giudizio saranno presenti come ricorrenti anche la figlia di Sposini, Francesca, e Sabina Donadio, moglie del giornalista in rappresentanza dell'altra figlia minorenne. In giudizio sono citati anche tre compagnie di assicurazioni che erano citati anche nel processo di primo grado. 

Ma secondo il giudice nell'immediatezza dell'evento sono arrivati un primo medico e un'infermiera. Ed è stato immediatamente contattato il 118: l'esame delle numerose telefonate effettuate dal personale della Rai evidenziano una piena consapevolezza della gravità della situazione e della necessità di un pronto e specialistico intervento. "La lamentata mancanza di tempestività è ascrivibile ai tempi attesi per l'arrivo dell'ambulanza nonostante le ripetute telefonate al 118: è evidente che in ordine a tale disfunzione del servizio del 188 (che ha inviato un'ambulanza che si trovava distante dagli studi di via Teulada) alcuna responsabiltà può essere iscritta al datore di lavoro. La Rai non può neanche essere ritenuta responsabile della fase successiva alla presa in carico del paziente in quanto la decisione in ordine al pronto soccorso presso il quale trasportare il paziente devono tener conto di una serie di variabili gestite dalle centrali operative del 118". 

Il giudice ha poi spiegato che sia in caso di infarto che di ictus ischemico o emorragico, "certamente presso uno studio televisivo non potevano essere presenti le sofisticate attrezzature necessarie a stabilizzare il paziente e ciò è tanto più vero ove si consideri che lo stesso ospedale Santo Spirito non era attrezzato per quel tipo di intervento, al punto che il ricorrente, una volta effettuata una tac diagnostica, è stato trasferito presso altro nosocomio.