Trapianto di microbiota, a chi è rivolto e come funziona
L'intervento finalizzato al riequilibrio della flora batterica, può essere adottato per infezioni severe come il Clostridium
I progenitori di molti dei microrganismi che pullulano all’interno del nostro intestino ce li portiamo dietro dalla nascita, favoriscono la digestione, interagiscono con il sistema immunitario e mandano segnali al cervello. «Alterazioni nella composizione e nel metabolismo del microbiota intestinale – ha scritto Elena Lucarini dell’Università di Firenze – sono state correlate a numerose patologie sia gastrointestinali che psichiatriche (vedi la depressione, ndr), molte delle quali hanno una base infiammatoria».
Disbiosi intestinale
Tra le nuove frontiere della ricerca figura quello che viene chiamato trapianto di microbiota fecale (FMT), finalizzato al riequilibrio della flora batterica. L’operazione, tutt’altro che semplice, consiste nel trasferire parte del contenuto intestinale di soggetti sani (virus, batteri, miceti) nel tubo digerente di pazienti con specifiche affezioni associate a disbiosi. Ad oggi questo tipo di intervento è approvato per risolvere l’infezione da clostridium difficile, cioè per rimuovere un germe ostinato, che determina una grave forma di colite, a volte con esito letale. Sono in corso studi per trattare allo stesso modo anche altre condizioni di sofferenza, quali la sindrome del colon irritabile nelle varianti più severe.
Probiotici
La scommessa è quella di ridurre il ricorso ai farmaci, limitare allo stretto necessario gli antibiotici, e curarci attraverso un’alimentazione specifica, con probiotici di ultima generazione, e quando l’equilibrio è alterato in maniera quasi irreversibile tentare appunto il trapianto fecale. Studi preliminari su un numero molto limitato di soggetti hanno suggerito che questa funzione di regista del sistema immunitario elaborata all’interno del contenuto intestinale gioca un ruolo molto importante anche nei protocolli contro il cancro, in particolare il melanoma. I risultati di questi studi, coordinati dal Gruppo di ricerca di metagenomica computazionale dell’Università di Trento, e che in Italia hanno coinvolto lo IEO, Istituto Europeo di Oncologia, sono stati pubblicati quest’anno su Nature Medicine. Ma quale potrebbe essere il ruolo giocato a livello della barriera intestinale nella risposta alle terapie oncologiche? «La grande speranza – ha prefigurato a suo tempo Riccardo Valdagni, Istituto dei Tumori di Milano – è quella di capire se, attraverso una manipolazione del microbioma con prebiotici, probiotici, o mediante trapianto fecale, si possa arrivare un giorno a quei tumori che ancora oggi sfuggono al controllo del sistema immunitario».
Alzheimer e Parkinson
Un ultimo filone di ricerca sul trapianto fecale, oltre a colon irritabile, infezioni intestinali resistenti e terapie anticancro, riguarda le patologie neurologiche, nello specifico Alzheimer e Parkinson, come emerso al congresso presieduto da Andrea Ungar, direttore della geriatria a Careggi.
Disbiosi
«Molte delle patologie metaboliche, degenerative e infiammatorie nell’aziano – ha osservato Andrea Galli, ordinario di malattie dell’apparato digerente, in un comunicato diffuso dalla Florence Geriatric Health Alliance – si associano a disbiosi, e all’aumento della permeabilità intestinale, con passaggio di elementi batterici in circolo che entrano a contatto con le difese immunitarie e innescano un processo infiammatorio che potrebbe rientrare tra le cause di patologie complesse come appunto l’Alzheimer e la malattia di Parkinson».