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Sindrome nefrosica pediatrica, il vademecum nello studio italiano

'The Lancet' ha dedicato una review alla sindrome nefrosica in età pediatrica offrendo indicazioni pratiche ai medici sulla base di un lavoro dell'ospedale romano Bambino Gesù

10/09/2023

La rivista scientifica ‘The Lancet’ ha dedicato una review alla sindrome nefrosica in età pediatrica, offrendo indicazioni pratiche ai medici non specialisti riguardo alle conoscenze, alla diagnosi e al trattamento dei pazienti in età pediatrica. Il lavoro è stato coordinato dall’ospedale Bambino Gesù di Roma – centro di riferimento nazionale e internazionale per la sindrome nefrosica infantile, seguito attualmente 300 pazienti, con circa 15-30 nuovi casi ogni anno – in collaborazione con altri centri di nefrologia pediatrica provenienti dagli Stati Uniti, dall’India e dalla Francia. Il lavoro, che ha richiesto un anno di tempo ed è stato basato sulle pubblicazioni scientifiche degli ultimi 5 anni, oltre agli studi più autorevoli degli anni precedenti, ha ora un ruolo chiave nel fornire linee guida pratiche.

 

La sindrome nefrosica è una malattia che colpisce il glomerulo renale, la parte del rene responsabile di filtrare il sangue per produrre le urine. Questa condizione si manifesta con sintomi come il gonfiore degli occhi e delle caviglie, e in casi più gravi con l’accumulo di liquidi nell’addome, nel torace o negli organi genitali. Sebbene la sindrome nefrotica idiopatica sia la forma più comune di questa malattia nell’infanzia, si tratta comunque di una patologia rara, con un’incidenza di 4-6 casi ogni 100.000 bambini. La tempestività della diagnosi è fondamentale, poiché il progredire della malattia può portare a gravi conseguenze, come l’insufficienza renale. Purtroppo, attualmente non esistono terapie efficaci per le forme genetiche della sindrome nefrosica, e i pazienti affetti da queste forme sono destinati alla dialisi o al trapianto di rene. Tuttavia, per le forme legate ad anomalie del sistema immunitario, esistono terapie a base di cortisone e farmaci immunosoppressori. In questi casi, la malattia tende a migliorare dopo l’adolescenza, anche se una piccola parte dei pazienti può continuare a presentare problemi anche in età adulta.

 

Marina Vivarelli, responsabile dell’Unità di ricerca Laboratorio di nefrologia dell’ospedale, ha coordinato l’attività di revisione per ‘The Lancet’. La specialista ha spiegato che negli ultimi anni ci sono stati notevoli miglioramenti nella gestione dei pazienti affetti da questa patologia, grazie a una migliore identificazione delle forme genetiche della sindrome nefrosica e agli studi che evidenziano le combinazioni di varianti genetiche associate al rischio di sviluppare la malattia. Ciò permette di comprendere meglio il meccanismo immunitario sottostante alle forme più comuni della sindrome nefrosica, migliorando così le terapie disponibili. Recenti trial, inclusi quelli svolti nell’ospedale Bambino Gesù, hanno anche chiarito le modalità di trattamento delle recidive e l’uso efficiente di farmaci immunosoppressori come gli anticorpi monoclonali anti-CD20. Approcci innovativi, come l’utilizzo di cellule mesenchimali autologhe, sono stati sperimentati per le forme più difficili della sindrome nefrosica. La partecipazione alla stesura di linee guida internazionali ha permesso di collaborare con colleghi provenienti da diverse realtà mondiali, al fine di fornire prospettive terapeutiche efficaci e sicure in tutti i contesti socio-economici.

 

In conclusione, la sindrome nefrosica in età pediatrica è una malattia rara ma grave. Grazie ai progressi nella gestione della malattia, i medici sono oggi in grado di diagnosticare e trattare tempestivamente questa patologia.