Medicina

Marco Innocenti: ricostruzione e trapianti, siamo all’avanguardia

di
Ilaria Ulivelli
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Quattro progetti innovativi per il nuovo centro di chirurgia Ortoplastica dell’istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, a novembre inserito all’ottavo posto fra i migliori ospedali a livello mondiale dal Newsweek, uno dei più autorevoli magazine Usa. A capo della struttura, in cui le competenze dell’ortopedia si fondono con quelle della chirurgia plastica, Marco Innocenti, professore straordinario all’Università di Bologna.

 

Di cosa si occupa il centro?
«Si effettuano ricostruzioni complesse del sistema muscoloscheletrico dopo interventi per patologie che richiedono asportazioni e demolizioni, ma affrontiamo anche problemi irrisolti dalla chirurgia ortopedica tradizionale: trattiamo postumi agli arti che non trarrebbero beneficio dalle tecniche convenzionali».

 

Quali tecniche per la microchirurgia?
«È una chirurgia effettuata utilizzando mezzi ottici d’ingrandimento, rivolta a strutture del corpo tanto piccole che l’occhio umano non ha la definizione sufficiente per poter trattare. Ma in realtà la disciplina si è enormemente evoluta e dà la possibilità di eseguire autotrapianti di tessuti come cute, osso, muscoli, nervi e anche costrutti compositi che comprendono più tessuti. L’ortopedia è una delle specialità che ha tratto maggior vantaggio da questa possibilità».

 

Ha lasciato la cattedra da professore ordinario all’Università di Firenze e la direzione della Chirurgia plastica ricostruttiva e microchirurgia di Careggi per un progetto di assoluta avanguardia.
«Abbiamo intenzione di investire su alcune linee di ricerca che potrebbero offrire nuove soluzioni a problematiche complesse: il trapianto di articolazioni vascolarizzate da donatore multiorgano, la ricostruzione ossea con prelievo di tessuti del paziente, la microchirurgia robotica che permette di intervenire su vasi con dimensioni dai 6 a 3 decimi di millimetro e l’arto bionico completamente funzionale grazie alla tecnologia bluetooth».

 

Traguardi molto ambiziosi ma non fantascientifici, anche se si parla di trapianti di mano, utero, laringe e addirittura della faccia.
«Si tratta di allotrapianti, cui si è cominciato a lavorare negli anni Novanta, quando è stato fatto il primo trapianto della mano. Trapianti complessi, multitissutali che comprendono pelle, vasi, muscoli, ossa, articolazioni. Non sono salvavita ma danno un grande contributo alla sua qualità. In molti casi richiedono terapie immunosoppressive da fare per tutta la vita. Al contrario, i trapianti di articolazione che intendiamo sviluppare richiedono un’immunosoppressione limitata nel tempo confidando sulla consolidazione a breve termine dell’osso trapiantato. Come nel caso della caviglia, del polso. Quando l’osso viene trapiantato la sua impalcatura minerale viene colonizzata dalle cellule del ricevente, il segmento viene incorporato e a distanza di cinque- sei mesi si possono sospendere le terapie immunosoppressive.

 

Quando sarete pronti per il primo trapianto?
«Verosimilmente tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Stiamo collaborando con la Penn University di Philadelphia che ha realizzato, prima al mondo, un trapianto di mano bilaterale su un bambino di sei anni. Invieremo nei loro laboratori due specializzandi per studiare la rete vascolare su cui basare i trapianti delle articolazioni selezionate e definire un protocollo di prelievo standardizzabile, dopodiché inizierà il percorso di richiesta di permessi al ministero e subito dopo la selezione dei candidati e la fase clinica».

 

Poi c’è la frontiera della ricostruzione con prelievo di tessuto dello stesso paziente…
«Grazie alla microchirurgia si può prelevare il periostio, la membrana che permette di rigenerare l’osso, dal ginocchio, dove mantiene una notevole qualità anche nell’adulto. Con la tecnologia 3D è possibile costruire protesi per le ossa della mascella e della mandibola identiche a quelle del paziente. Dopo l’impianto si riveste la protesi con il periostio che colonizza il tessuto minerale di cui è formata».

 

È l’inizio dell’ulteriore innovazione…
«Il futuro sarà con le protesi biologiche, un ibrido dove componenti articolari sintetiche si integreranno con tessuti autologhi allo scopo di fornire impianti piu duraturi nel tempo e meglio tollerati dai pazienti».

 

Ha parlato anche di microchirurgia robotica.
«I macchinari stanno entrando sul mercato. Sono consulente scientifico di un’azienda pisana che ha sviluppato e costruito una piattaforma robotica dedicata alla microchirurgia. Un lavoro cominciato sei anni fa avvalendosi delle competenze e della esperienza sviluppata dall’ingegnere leader del progetto durante la sua collaborazione decennale con la Intuitive in California per la progettazione del Da Vinci, il robot chirurgico più diffuso al mondo. Nel 2020 lo abbiamo sperimentato sull’uomo eseguendo i primi interventi microvascolari robotici al mondo. Mentre il Da Vinci lavora con i bracci robotici in cavità ed è specializzato soprattutto per interventi sulla prostata che possono essere completamente realizzati dalle braccia meccaniche, il robot microchirurgico esegue parti di intervento in cui è necessaria la massima precisione. Grazie al totale abbattimento del tremore della mano umana con questo dispositivo è possibile affrontare in sicurezza la supermicrochirurgia che si rivolge a vasi estremamente piccoli, fino a 3 decimi di millimetro, e che richiede straordinarie capacità manuali. Con un software dedicato, i bracci robotici copiano i movimenti del chirurgo rendendo molto intuitiva la procedura».

 

Profilo biografico

 

Marco Innocenti è professore di Chirurgia plastica all’Università di Bologna dove dirige il nuovo centro di chirurgia Ortoplastica dell’istituto Rizzoli. Microchirurgo ricostruttivo, sin dagli inizi della carriera impegnato in ricostruzioni complesse, soprattutto del sistema muscoloscheletrico. Specialista in chirurgia plastica, chirurgia della mano e ortopedia, è visiting professor presso undici università estere.

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