Alimentazione

Le leggerezza dell’Oriente in tavola

di
Chiara Bettelli
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In Italia abbiamo numerose e ottime gastronomie regionali, ed è forse uno dei motivi per le cucine etniche hanno tardato a diffondersi, rispetto ad altri Paesi. Ma, nonostante la ricchezza e la varietà della nostra cucina i ristoranti asiatici stanno moltiplicandosi anche da noi. Ne stiamo apprezzando quel mix di innovazione e tradizione (dai piacevoli rituali), l’arte della tavola e l’aspetto salutare. Una cucina che ha come protagonista la leggerezza, che contempla pochissimi grassi e prodotti lievitati, ma utilizza principalmente riso (anche sotto forma di noodles), pesce, alghe, e verdure di stagione. La preparazione del cibo prevede una cottura rapida, per evitare che si perdano i sapori originari degli alimenti e si degradino i principi nutrizionali che contengono.

La scelta delle ristorazioni oggi è varia. Non troviamo più soltanto la conosciuta cucina cantonese, unica presenza orientale in passato, spesso adattata ai gusti italiani e con rare eccellenze. Oggi la gastronomia cinese – che conta sette grandi regioni – ci offre i piatti dei quali possiamo apprezzare la varietà e qualità, e i sapori originali. La cucina giapponese, raffinata e ipocalorica, mixa gli ingredienti in modo calibrato (del resto i giapponesi sono per lo più snelli e longevi), privilegia il pesce – fonte di acidi grassi polinsaturi omega 3 – anche crudo, e salse magre. È arrivato anche il food coreano che combina elementi della cucina giapponese – come pesce, riso e alghe – a tecniche di preparazione tipiche cinesi e con l’impiego di cibi fermentati, senza dimenticare spezie e peperoncino.

La scelta del gusto piccante la ritroviamo in modo ricorrente nella gastronomia Thai. Soprattutto se la gustate in Thailandia vi accorgerete dei suoi aromi intensi, degli accostamenti insoliti di sapori (e colori) audaci. Tra gli ingredienti, per ora quasi soltanto nel Paese d’origine, troverete per alcuni piatti di street food anche gli insetti. Grilli, bruchi e vermi sono spesso fritti al momento in bancarelle sulla strada. Se riuscirete a vincere la (comprensibile) diffidenza scoprirete un cibo strano (ma è previsto che nel futuro si diffonderà ovunque) però saporito, povero di grassi a fronte di un alto contenuto proteico.

La cucina vietnamita è una delle più antiche dell’Asia ed è il piacevole risultato di una serie di contaminazioni tra Paesi vicini – soprattutto Cambogia, Laos e Cina. Ciò che contraddistingue la cucina vietnamita è il perfetto equilibrio tra gusto e leggerezza. Molto particolari la zuppa pho e gli involtini nem (molto diversi dagli involtini primavera). La maggiore digeribilità dipende da un minor uso dei grassi nella fase di cottura: i sapori sono comunque ben definiti, grazie all’impiego di molte spezie e salse (tra queste è tipica la Nuoc Mam).

Tra le salse asiatiche vi è quella di pesce (sempre cucina vietnamita), oppure a base di saché, ma la più famosa è quella di soia, da usare con moderazione. Perché è poco calorica ma molto ricca di sale: infatti è prodotta dalla fermentazione dei baccelli di soia con il sale. Si fa comunemente uso di salse piccanti e forse la più popolare di tutte è la sriracha, che si trova sui tavoli di ristoranti vietnamiti, cinesi e thai come il sale e il pepe su quelli italiani. È a base di peperoncino, aglio, aceto, sale e zucchero. Il sapore è forte, con un retrogusto dolce che la rende molto particolare rispetto ad altre salse.

In tutta la cucina orientale sono sempre presenti le erbe aromatiche. Tra queste la menta e la citronella, l’erba cipollina e l’erba di Shiso (utilizzata in Giappone quanto da noi il basilico). Il coriandolo si mette ovunque (come il prezzemolo nei nostri piatti) ma è molto utilizzata anche la dolcezza piccante dello zenzero. Onnipresenti sulle tavole orientali una grande varietà di zuppe (semplici e gustose) e il tè (mai zuccherato). Se consumato quotidianamente, anche a pasto, rallenta l’invecchiamento e abbassa il colesterolo: un vero e proprio ‘cibo-salute’ come ricorda il filosofo taoista Marco Mantovani.

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