Aumenta i livelli di vitamina D favorendo l’assunzione di calcio: ma le dosi le stabilisce il medico
In caso di carenza di vitamina D, ma anche allo scopo di prevenirne la carenza, è utile un’integrazione con colecalciferolo, la forma inattiva che poi viene metabolizzata dall’organismo nella forma attiva. Infatti il colecalciferolo agisce aumentando i livelli di vitamina D nell’organismo, favorisce l’assorbimento di calcio nell’apparato digerente e regola numerose funzioni nel corpo.
“È un prodotto naturale, sicuro e tollerabile, un ’farmaco’ che può dare benefici elevati, alla salute del paziente, ma anche al sistema sanitario nazionale in termini di riduzione dei costi. Ed ha un costo abbordabilissimo, sia per il paziente che per il sistema sanitario nazionale. Non dico certamente che può risolvere la pandemia da coronavirus, ma apporta risultati positivi conclamati” precisa il dottor Andrea Giusti. E aggiunge: “Infatti la vitamina D non la si assume con il cibo, o almeno non in maniera sufficiente, solo con alimenti come pesce azzurro, acciughe e aringhe, e salmone selvaggio. Nei paesi del Nord Europa, ma anche Olanda, Inghilterra, Germania, Usa, si trovano in commercio alimenti come latte e yogurt addizionati con la vitamina D. Da noi sono prodotti che è raro trovare, e possono apportare solo il 20 per cento del fabbisogno, e sono costosi”.
Anche se si tratta di un farmaco affidabile, il colecalciferolo va assunto sotto controllo medico, non perché sia pericoloso ma per trarne tutti i benefici. “Infatti può essere somministrato una volta al giorno o una al mese, e la dose cambia a seconda dell’età e del peso corporeo. Ad esempio per una persona di 60-70 anni di età la posologia per la prevenzione della carenza o per il mantenimento di livelli adeguati di vitamina D con colecalciferolo può essere di 1.000 /2.000 unità internazionali al giorno, mentre per soggetti più giovani ne bastano 800-1.000 unità” afferma il dottor Andrea Giusti.
“Infine – chiarisce il dottore – sono consigliate dosi di vitamina D anche in età pediatrica“. Infatti ci sono i parametri, elaborati nel 2018 dalla Società Italiana di Pediatria, dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale e dalla Federazione Italiana dei Medici Pediatri, che indicano la profilassi con vitamina D per i neonati per tutto il primo anno di vita (400 UI/die), indipendentemente dall’allattamento, perché né il latte della mamma né quello addizionato riescono a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina D. E nelle donne in gravidanza, questa vitamina attenua fortemente il rischio di complicanze, e pare che l’acquisizione di vitamina D da parte della mamma possa influenzare anche la massa ossea del feto.