Medicina

Garantire cure e risorse per i ’grandi anziani’

di
Gaia Sancini
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I geriatri lanciano l’allarme sui bisogni di salute, soprattutto dei grandi anziani: secondo uno studio condotto su oltre 80 mila persone in 57 Paesi, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, una persona su due ha pregiudizi basati sull’età che influenzano anche uno dei settori chiave della vita degli anziani, cioè la sanità, riducendo l’accessibilità alle cure e l’appropriatezza dei trattamenti. Per questo motivo l’ultimo e storico rapporto sull’ageismo stilato da OMS e ONU nel marzo del 2021 ha evidenziato la necessità di politiche e leggi che affrontino la questione, oltre che di attività educative e intergenerazionali che riducano i pregiudizi. Ogni azione in questo senso è urgente considerato che, secondo l’OMS, entro il 2050 una persona su cinque nel mondo sarà over-60.

 

In questo contesto nasce la Carta di Firenze, il primo manifesto mondiale contro l’ageismo sanitario, messo a nudo e rafforzato anche dalla pandemia, presentato in occasione del congresso “Anti-ageism Alliance. A Global Geriatric Task Force for older adults’ care”, organizzato dalla Fondazione Menarini con il patrocinio della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria. Il documento coordinato da Andrea Ungar, Ordinario di Geriatria all’Università di Firenze, presidente del congresso e della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, e da Luigi Ferrucci, Direttore Scientifico del National Institute on Aging di Baltimora, è stato messo a punto da un panel internazionale di esperti. Il manifesto appena pubblicato sull’European Geriatric Medicine e sul The Journal of Gerontology, punta su 12 azioni concrete per ridurre al minimo l’impatto negativo dell’ageismo nell’assistenza sanitaria e migliorare la qualità di vita degli anziani, riducendo i costi legati alle loro patologie.

 

«In base ai pregiudizi e agli stereotipi legati all’età si ritengono gli anziani già “titolari di una quantità di vita sufficiente”, ormai gravosi per il sistema sociale ed economico. Quasi un effetto collaterale del successo medico che ha cronicizzato le malattie – dichiara Andrea Ungar, coordinatore della Carta di Firenze, presidente SIGG –. È aumentato così il numero di anziani da assistere e, con esso, la forma più diffusa di ageismo, cioè la discriminazione degli anziani nell’ambito sanitario. Infatti, nonostante rappresentino la maggioranza dei malati con patologie croniche quasi sempre concomitanti, il 40% degli anziani è tagliato fuori dalle terapie più avanzate e appropriate e dai protocolli sperimentali senza valide ragioni mediche ma solo in base all’età. Gli effetti negativi dell’ageismo influenzano anche la longevità, con una probabilità fino a 4 volte più alta di morire nelle persone anziane che hanno un’autopercezione negativa dell’invecchiamento rispetto a coloro che hanno una visione positiva della vecchiaia. Interiorizzare stigma e pregiudizi potrebbe essere un nuovo fattore di rischio». A sostenerlo i risultati di uno studio condotto su 5483 persone di età compresa tra i 50 e 74 anni, pubblicato su The Gerontologist, secondo cui gli anziani che hanno atteggiamenti ageisti hanno un rischio di mortalità entro 9 anni fino a 4 volte più alto (45%) rispetto a chi ha una percezione positiva dell’invecchiamento, pur tenendo conto delle variabili demografiche di salute e stile di vita.

 

«Nella comunità medica – puntualizza Ferrucci, coordinatore della Carta di Firenze e Direttore Scientifico del National Institute on Aging di Baltimora –, resistono barriere mentali che fanno ritenere poco adeguato il ricorso a nuovi farmaci e alle terapie più innovative, oltre una certa età. Bisogna quindi proteggere gli anziani dalla discriminazione sanitaria e fare in modo che ricevano le cure migliori». «È inevitabile che – aggiungono gli esperti –, laddove le risorse sono limitate, si operino delle scelte, ma un paziente anziano curato in maniera inefficace, va incontro a ricadute e riospedalizzazioni e deve essere nuovamente trattato con uno spreco di risorse, oltre che di vita e sofferenze individuali».

 

Le azioni proposte nel manifesto per invertire la rotta puntano innanzitutto alla formazione. Il tema dell’invecchiamento deve diventare parte integrante del percorso formativo del personale sanitario e degli assistenti sociali. «È necessario – conclude Ungar – anche un cambiamento di paradigma nell’approccio alla cura dell’anziano che non può essere trattato “a pezzetti“, di volta in volta dal cardiologo, dal neurologo, dal diabetologo, ma deve essere seguito con il necessario sguardo di insieme dal geriatra come medico della complessità. Serve poi dare priorità agli anziani nei pronto soccorso che rappresentano un fattore di rischio per via dei lunghi tempi di attesa e una presa in carico non adeguata, che possono contribuire al declino cognitivo e al peggioramento delle condizioni fisiche».

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