Francesco Blasi: "Proteggiamo i polmoni dai troppi rischi in agguato"
Non solo Covid: inquinamento e stili di vita mettono alla prova l'apparato respiratorio. E il cambiamento climatico influisce sull’asma
Credevamo di essercelo lasciato alle spalle. Invece, anche se in maniera meno aggressiva, il Covid è ancora tra noi. Quanto preoccuparsi e quando vaccinarsi di nuovo?
Il professor Francesco Blasi, direttore della pneumologia del Policlinico di Milano, rassicura ma invita comunque le persone più fragili a proseguire nella vaccinazione.
Professor Blasi, lei che segue tanti pazienti, com’è la situazione con la nuova ondata di Covid?
«Se lo confrontiamo al 2020 e al 2021 siamo certamente in una situazione meno preoccupante, perché in questo momento il Covid agisce su una popolazione che in maggior parte o ha già avuto l’infezione o che è stata vaccinata. Quindi è parzialmente protetta. Resta il problema dei pazienti fragili, dagli anziani, a coloro che hanno patologie cardiorespiratorie, che restano più vulnerabili e che dovrebbero vaccinarsi. Penso anche al personale sanitario o comunque a coloro che sono a contato col pubblico».
Quindi non è più consigliabile una vaccinazione a tappeto?
«Non conosciamo ancora bene questa variante, ma la situazione è tale che ci possiamo permettere di modulare l’approccio vaccinale. Per esempio, nel caso di un diciottenne in piena salute, va valutato il rapporto costo beneficio».
Fra i problemi respiratori più comuni, e non solo stagionali, c’è l’asma, spesso legata alle allergie. Cosa sta succedendo? Colpa del clima?
«È vero. All’ultimo congresso mondiale di allergologia, è emerso proprio che il cambiamento climatico sta modificando anche l’andamento stagionale dell’asma, che tende a diventare “perenne“, anche per quella che deriva da fioriture che dovrebbero riguardare solo alcuni mesi dell’anno. Questo avviene anche in Italia: specialmente per chi è allergico ai pollini delle piante, il periodo delle allergie si è allungato. Anche il dermofagoide, l’acaro della polvere, cambiando le condizioni dell’umidità dell’ambiente, tende ad essere un po’ più problematico. Ma in generale il cambiamento climatico ha certamente un impatto sull’espressione di malattia durante l’anno».
Come proteggersi allora?
«Bisogna rimodulare la terapia su base individuale con un’attenta valutazione delle sintomatologia “fuori tempo“ e impostata una cura di protezione, condivisa col paziente. Adesso abbiamo diverse metodologie di trattamento dell’asma, da quello saltuario a quello più grave, e approccio deve essere per step, cercando di stabilizzare un paziente che, se prima era abituato ad avere l’asma da aprile a luglio, ora invece inizia ad avere disturbi a gennaio e finisce a ottobre. Ed è evidente che la copertura terapeutica deve essere adeguata all’attuale situazione».
Riguardo alla salute dei nostri polmoni, la sigaretta elettronica attenua i rischi da fumo?
«No, non è così. Già dalla mia prima pubblicazione sulla sigaretta elettronica del 2014 si diceva che il danno polmonare è elevato. Poi si può distinguere o disquisire se la sigaretta normale dia più danno dell’elettronica, ma il principio deve essere di respirare aria pulita. È come dire io bevo l’acqua un po’ inquinata ma non tanto. E lo stesso deve essere dell’aria: al di là dell’inquinamento su cui certamente dobbiamo agire, resta il fatto che non si dovrebbero inalare sostanze potenzialmente dannose. E dati sono assolutamente chiari: ci sono danni molto importanti di tipo infiammatorio e quindi nel lungo termine anche canceroso. La nicotina poi, contenuta in gran parte anche nella sigaretta elettronica, induce dipendenza, ed è quindi parzialmente reale che l’elettronica aiuti a smettere di fumare».
Quindi, l’unica soluzione è smettere del tutto?
«Sì. Tanto più che il danno da fumo ha un’evoluzione diversa a seconda del tipo di fumatore: se io smetto oggi, il rischio di sviluppare la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la famosa Bpco, o di avere il cancro del polmone, dipende da quanto ho fumato. E più tempo passa e più si abbassa il rischio cardiovascolare e respiratorio. Ma il tempo è misurato in anni. Per il tumore del polmone è stimato in dieci anni, mentre il rischio cardiovascolare scende dopo cinque».
Cosa invece fa certamente bene al nostro sistema respiratorio?
«L’attività fisica è forse l’indicatore più forte di sopravvivenza anche respiratoria e non solo cardiovascolare. È quindi fondamentale per migliorare e ridurre il rischio di malattie croniche respiratorie. C’è poi l’attenzione alla dieta, che ha un impatto importante ad esempio in fatto di antiossidanti. E cercare per quanto possibile di evitare l’inquinamento atmosferico, specialmente per quanto riguarda l’esposizione dei bambini, anche in prenascita, perché chi nasce con polmoni più piccoli potrà avere maggior problemi».
Rispetto a tante diffidenze, per la medicina l’intelligenza artificiale è già un ottimo alleato. Anche in pneumologia?
«Sì, aiuta moltissimo i radiologi e noi pneumologi nell’imaging, per la comprensione corretta della tac e risonanza magnetica, per l’identificazione precoce delle alterazioni. Inoltre, a livello universitario l’intelligenza artificiale ha in se potenzialità enormi dal punto di vista didattico».
Il profilo
Francesco Blasi è direttore di medicina interna e direttore della pneumologia del Policlinico di Milano. È responsabile della sezione adulti del centro regionale fibrosi cistica e membro di gruppi di studio per le raccomandazioni internazionali sulle sigarette elettroniche e il trattamento delle infezioni respiratorie, bronchiectasie, fibrosi cistica e tubercolosi. È presidente della Società Italiana di Pneumologia (Sip) ed è stato presidente di European Respiratory Society dal 2012 al 2013.