Medicina

Fuoco di Sant’Antonio, allo studio calmante naturale

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Olio di bergamotto sotto i riflettori degli scienziati. Le proprietà analgesiche dell’olio essenziale sono note da tempo, ora in Italia sta per essere avviato uno studio clinico vero e proprio, con l’ausilio di nanotecnologie, che permetterà ai farmacologi di conoscere meglio le qualità del bergamotto applicate alla fisiologia umana, e riproporlo come calmante naturale nelle persone in sostituzione degli psicofarmaci, quando questi risultano inefficaci. Certi comportamenti aggressivi dell’anziano a volte sono legati alle affezioni preesistenti (neuropatia diabetica, tumori, osteoartiti, Herpes zoster) stimoli negativi che il malato percepisce in maniera subliminale. L’agitazione, pertanto, va interpretata come richiesta di aiuto a livello inconscio.

 

Ricerca

L’annuncio della ricerca è venuto a conclusione del Joint Meeting on Natural Products Pharmacology di Napoli, e vede protagonista il gruppo coordinato da Giacinto Bagetta, professore ordinario all’Università della Calabria, componente della Società Italiana di Farmacologia (SIF). Un team sta infatti per avviare il primo studio clinico sull’ efficacia analgesica dell’olio di bergamotto per la cura del dolore nocicettivo, infiammatorio e neuropatico nei pazienti con demenza grave.

 

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Protocollo

“Abbiamo reclutato 140 soggetti – spiega il professor Bagetta – ai quali somministreremo olio di bergamotto per via cutanea, in crema, per verificare se lo stato di agitazione dipende o meno dal dolore, per appurare che il principio attivo di questo olio essenziale è sicuro in funzione analgesica. Nel caso del dolore neuropatico, come può essere quello da neuropatia diabetica o Herpes zoster (fuoco di Sant’antonio), l’olio di bergamotto potrebbe rivelarsi addirittura superiore alla morfina come effetto, in chiave terapeutica”.

 

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Psicofarmaci

In particolare sono i pazienti anziani con deterioramento mentale a manifestare agitazione incontenibile o comportamenti aggressivi, tanto da mettere in difficoltà familiari conviventi e badante. Spesso il medico specialista in geriatria prescrive a questi pazienti farmaci antipsicotici che si rivelano poco efficaci, in quanto nella persona con aree di atrofia cerebrale si perdono progressivamente i recettori in grado di interagire con il farmaco. Talvolta queste terapie si rivelano addirittura controproducenti, in quanto peggiorano il deficit cognitivo, e sono controindicati se assunti per lunghi periodi di tempo nell’anziano con malattia di Alzheimer.

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