Giovedì 25 Aprile 2024

Alzheimer, una app "smart" aiuta chi perde la memoria

Roma, arriva Chat Yourself, applicazione digitale per sostenere le persone con declino cognitivo. Incontro al Ministero della Salute, organizzato da Italia Longeva

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Roma, 11 settembre 2018 - Ricordi che si perdono, nomi dimenticati, volti familiari che diventano illustri sconosciuti, incapacità di memorizzare luoghi e fatti recenti, fino a confondere il pettine con la forchetta e via di questo passo: è l'Alzheimer. Le funzioni intellettuali vanno incontro a un declino di origine sconosciuta, ma che può essere di tipo prevalentemente neurologico (Alzheimer vero e proprio) o vascolare (una volta si diceva arteriosclerosi, oggi la classificazione è più complessa). Un piccolo aiuto può venire dai chatbot, assistenti virtuali che si avvalgono dell’intelligenza artificiale a supporto delle persone in difficoltà, e che possiamo scaricare nel telefonino.

Di questi temi si è discusso oggi, al Ministero della Salute, in occasione della conferenza stampa intitolata “Alzheimer, non perdiamolo di vista”, organizzata da Italia Longeva, la Rete nazionale di ricerca sull’invecchiamento attivo, sostenitore del progetto Chat Yourself, il primo chatbot per le persone con Alzheimer in fase prodromica (@chatyourselfitalia). La sua diffusione è sostenuta da una campagna social che vede in prima linea esperti e familiari e, da settembre - anticipando la Giornata Mondiale dell’Alzheimer che si celebra il 21 settembre - anche da testimonial del mondo della cultura e dello spettacolo.

“Per l’Italia le demenze rappresentano un problema sanitario e sociale in crescita”, ha dichiarato Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva. “Ciò vale in particolar modo per l’Alzheimer. In attesa di cure efficaci, una strada percorribile nelle prime fasi dopo la diagnosi è quella di sfruttare le risorse della tecnologia. Chat Yourself è nato con questo obiettivo: contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all’impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare”.

L’Alzheimer comporta un lento e progressivo decadimento delle funzioni cognitive, dovuto all’azione di due proteine, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare. “Evidenze scientifiche ci dicono che l’attacco ai neuroni e ai circuiti nervosi inizia almeno 15-20 anni prima della comparsa dei tipici disturbi della memoria”, spiega Paolo Maria Rossini, Direttore Area Neuroscienze nel Policlinico Gemelli, Università Cattolica, Roma. “La ricerca punta ora a individuare le caratteristiche prodromiche, segnali precocissimi, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici”.

L’Italia è in prima fila in questa attività di ricerca con il progetto Interceptor, che ha l’obiettivo di intercettare con precisione i soggetti che svilupperanno la patologia di Alzheimer. L’Alzheimer è la forma di demenza più diffusa e comporta un lento, progressivo decadimento delle funzioni cognitive, compromissione della memoria, del pensiero e del comportamento. In Italia oltre 600mila malati di Alzheimer, pari al 4,7% dell’intera popolazione sopra i 65 anni. Nel 2030 saranno più di 2 milioni (elaborazioni delle proiezioni ISTAT per Italia Longeva, 2018).

Ad oggi non esistono farmaci in grado di arrestare o far regredire la malattia. I trattamenti disponibili mirano ad alleviare i sintomi o limitare l’aggravarsi per brevi periodi. Il 10-15%dei pazienti con diagnosi di decadimento cognitivo lieve (MCI) sviluppa l’Alzheimer. Gli sforzi di ricercatori e clinici sono sempre più tesi a individuare precocemente il declino delle abilità intellettuali e il deterioramento mentale, spesso visibili solo con l’ausilio di esami strumentali, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici. Una valutazione basic potrebbe essere fatta anche a livello di ambulatorio di medicina generale.

Fattori di rischio demenza sono l'età avanzata, predisposizione genetica, storia familiare, traumi cranici, malattie vascolari, stile di vita. Chat Yourself, attraverso l’utilizzo di un chatbot Messanger, aiuta a ricordare chattando e consultando dispositivi digitali portatili, telefoni smart e tablet. L’assistente virtuale è capace di memorizzare le caratteristiche di un malato con deficit di memoria che, quando si allontana, da solo, tende a perdersi per strada, la app opportunamente interrogata indica il percorso per tornare a casa.

Nelle prime fasi della malattia chatbot e assistenti digitali possono essere un aiuto concreto per preservare la dignità e l’indipendenza delle persone colpite da deterioramento e declino delle funzioni intellettuali. Se interrogato, l’assistente ricorda dati e scadenze utili. Disponibile e accessibile a tutti gratuitamente sulla pagina Facebook di Chat Yourself (@chatyourselfitalia). Fonti consultate: WHO, ISTAT, Ministero della Salute, US NIH.