Sabato 27 Luglio 2024
RAFFAELE
Politica

Ma la politica non deve strumentalizzare

I sindacati metalmeccanici propongono la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali senza diminuzione di salario, in linea con le nuove esigenze post-pandemia. La proposta mira a migliorare il benessere dei lavoratori e va affrontata nel contesto delle relazioni industriali, evitando strumentalizzazioni politiche come accaduto con il salario minimo.

Marmo

avorare meno, lavorare tutti". È stato lo slogan storico dal fascino intramontabile di molte generazioni di sindacalisti e politici, non necessariamente tutti di sinistra, nel Novecento. Ma non è dalla nostalgia ideologica di una bella e fortunata formula del secolo scorso che parte oggi la richiesta dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil di ridurre l’orario di lavoro nel settore a 35 ore settimanali a parità di salario. Una proposta che, ancora, non è, provvidenzialmente, neanche figlia delle esperienze della Francia dei governi socialisti degli inizi degli anni Duemila, quando il premier Lionel Jospin e la ministra Martine Aubry vollero introdurre per legge le 35 ore per tutti. Messe in discussione e poi successivamente cancellate, non a caso, dall’allora ministro dell’Economia Emmanuel Macron. L’iniziativa dei vertici di Fiom, Fim e Uil, al contrario, si iscrive oggi nella dinamica del mercato del lavoro e dell’organizzazione aziendale figlie del dopo-pandemia. E vi si iscrive in maniera pragmatica e realistica sia nel metodo sia nel merito sia nelle finalità. Né più né meno come le esperienze avviate da grandi gruppi come Intesa Sanpaolo o Luxottica per la cosiddetta settimana di quattro giorni.

Abbandonata, dunque, la prospettiva sistemica e complessiva di un intervento per creare nuova occupazione, la soluzione, ipotizzata non a caso in via sperimentale, passa dalla strada contrattuale (e non legislativa), è specificamente settoriale (di un comparto nel quale i salari sono mediamente più elevati), e, soprattutto, punta a elevare il benessere dei lavoratori attraverso una più efficace conciliazione tra attività e vita.

È bene, dunque, che, in questo contesto, la proposta delle rappresentanze delle tute blu resti sul terreno delle relazioni industriali e non venga tirata e strumentalizzata in chiave politica. Com’è accaduto per il salario minimo, finito al centro dello scontro tra governo e opposizione e rimasto anche per questo al palo.