Elezioni 2018, le strategie dei partiti e gli accordi lontani

Cala la possibilità di un intesa tra Movimento 5 Stelle e dem e tra M5s e Lega. E tutti guardano a che cosa accadrà in casa Pd. Il Colle tace Elezioni 2018, chi ha vinto (e chi no). Come si sono spostati gli elettori Elezioni 2018, chi governa? Due maggioranze possibili

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (LaPresse)

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (LaPresse)

Roma, 6 marzo 2018 - Il lungo filo che separa il voto di domenica scorsa con l’insediamento del nuovo governo si arricchisce ogni giorno di un pezzetto di verità. Probabilmente ciò che sarà di qui a un mese sarà molto diverso da come ce lo immaginiamo adesso, ma già oggi o domani una porzione di quella verità viene scritta. E al di là del necessario un periodo di decantazione e del naturale e doversoso «silenzio» del Capo dello Stato che in questa fase può solo osservare da lontano ciò che accade, ecco che le strategie dei partiti vanno definendosi.

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Il primo pezzetto di un complicatissimo puzzle verrà sistemato quando terminerà il confronto in casa Pd. Le dimissioni di Renzi e l’alzata di scudi di buona parte del partito contro l’ipotesi di un accordo con i Cinquestelle complicano in un certo senso il quadro, perché rendono poco praticabile l’ipotesi di un sostegno dem a un governo di Maio di cui si era parlato all’inizio e che avrebbe rappresentato una via d’uscita abbastanza rapida all’attuale enpasse politico/istituzionale. Sempre quindi che il Nazareno regga su questa linea, ed entro poco in casa dem non avvenga un ribaltone che scozzi di nuovo le carte, nessun governo M5S/Pd.

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Specularmente, il rinserrarsi dell’alleanza di centrodestra che arriva addirittura a ipotizzare gruppi parlamentari unici toglie dal tappeto l’altra eventualità di cui si era favoleggiato, ossia un sostegno leghista a un esecutivo Di Maio. Era il governo euroscettico che frettosolamente qualcuno aveva previsto ma che in realtà non è mai entrato nel novero delle cose possibili.  Al momento quindi alleanze «secche», politiche, tra le forze uscite dal voto di domenica non emergono, e il pallino passa sempre più più nelle mani del presidente della Repubblica. Certo, può darsi che con l’elezione dei due presidenti delle camere qualche elemento di certezza emerga, ma la situazione è destinata a restare fluida.

Sarà quando la crisi passerà davvero nella gestione diretta di Sergio Mattarella che sarà possibile intravedere una via d’uscita. Il governo del presidente o un governo di scopo è allo stato attuale quello più probabile. Si tratta però di una eventualità minima, destinata a durare poco e a riportare il Paese al voto entro breve, che resta come ultima ratio e che fino alla fine tutti cercheranno di evitare. Ma manca quasi un mese all’inizio delle consultazioni, e tutto può davvero accadere.