Renzi, le dimissioni: "Ma dopo il nuovo governo". Ed è bagarre nel Pd

Il segretario Pd: "Sconfitta netta, noi all'opposizione". Zanda attacca: "Dimissioni si danno senza manovre". Emiliano: "Finge di dimettersi" Risultati elezioni 2018, cosa succede ora. Le possibili maggioranze

Elezioni 4 marzo, Matteo Renzi (Ansa)

Elezioni 4 marzo, Matteo Renzi (Ansa)

Roma, 5 marzo 2018 - Matteo Renzi al Nazareno conferma le sue dimissioni dopo la pesante sconfitta del Pd alle elezioni del 4 marzo. Dopo una riunone "fiume" assieme ai suoi fedelisssmi - tra i quali Maurizio Martina e Lorenzo Guerini - che fa slittare il discorso previsto per le 17 di oltre un'ora, il segretario scioglie il silenzo sulla conferma del suo passo indietro, ipotesi circolata sin dalla notte fra gli ambienti dem ma che era stata smentita in tarda mattinata dal suo portavoce Marco Agnoletti. "E' ovvio che io lascio la guida del partito democratico e come previsto dallo statuto ho chiesto al presidente Matteo Orfini di convocare un'assemblea nazionale per aprire la fase congressuale", dice il segretario Pd. Ma nel partito è subito scontro, con Luigi Zanda e Michele Emiliano che attaccano la decisione di Renzi di "congelare" le dimissioni a dopo la formazione del nuovo governo. Intanto Orfini ha convocato la direzione per lunedì.

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SCONFITTA NETTA - "Mi pare che abbiamo riconosicuto che si tratta di una sconfitta netta che ci impone di aprire una pagina nuova all'interno del partito democratico", esordisce Renzi, parlando poco prima delle 18.30. "Siamo orgogliosi dello straordinario lavoro di questi anni - prosegue - ma allo stesso tempo è una sconfitta altrettanto chiara ed evidente", prosegue, facendo eco alle parole che nella notte aveva pronunciato il vice Maurizio Martina. Il segretario fa l'analisi del voto: "Oggi la situazione politica è che chi ha vinto politicamente le elezioni non ha i numeri per governare, e chi è intellettualmente onesto dovrebbe riconoscere che questo problema nasce dalla vicenda referendaria. Paradossalmente si è molto discusso di personalizzazione ma non di come oggi" quelli che contestavano la riforma costituzionale "sono vittime per prime esse stesse dei loro marchingegni e della loro scelta di contestare".

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DIMISSIONI - Poi l'annuncio: Renzi si dimette da segretario Pd. "E' ovvio che io lasci la guida del Pd - chiarisce -. Chiedo al presidente di aprire l'assemblea e la fase congressuale al termine della fase di insediamento del Parlamento e di formazione del governo". Renzi dice no "a un reggente scelto da un caminetto, sì a un segretario scelto dalle primarie. Lo dico con grande rispetto e amicizia ai miei amici dirigenti del Pd". Un passo indietro da guida del partito ma non dalla politica. "Non c'è nessuna fuga. Terminata la fase dell'insediamento del Parlamento e della formazione del governo - dice -, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta".

ALL'OPPOSIZIONE - Al Nazareno Renzi chiarisce la linea del Pd post voto: "Mi sento garante di un impegno morale politico e culturale: abbiamo detto in campagna elettorale no a un governo con gli estremisti e noi non abbiamo cambiato idea, non stavamo scherzando", dice. L'ex premier ricorda tre elementi che "ci separano da Salvini e di Maio, il loro antieuropeismo, l' antipolitica e l'utilizzo dell'odio verbale. Se siamo mafiosi, corrotti, impresentabili, con le mani sporche di sangue, sapete che c'è? Fate il governo senza di noi, il nostro posto è all'opposizione...". Perché, continua Renzi, "lì ci hanno chiesto di stare i cittadini italiani e lì staremo. Il Pd è nato contro i caminetti, non diventerà la stampella di forze antisistema. Si parla spesso di forze responsabili. Saremo responsabili e la nostra responsabilità sarà di stare all'opposizione".

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TRE NO - Ma non è l'unico punto fermo. "No inciuci, no ai caminetti ristretti di chi immagina di poter considerare il Pd come luogo di confronto solo di dirigenti, no a ogni forma di estremismo", puntualizza ancora il segretario. "Faremo una opposizione - dice -  che non si attaccherà alle fake news e non pedinerà gli avversari". Ancora: "Ci riprendiamo la libertà di fare la politica al di fuori dai perimetri dei palazzi. Vorrei dire grazie a tutti i candidati soprattutto a quelli che non ce l'hanno fatta".

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BAGARRE PD - Chiuso il discorso del segretario, nel Pd scoppia la bagarre. Luigi Zanda è il primo ad attaccare la decisione di lasciare solo dopo la formazione del nuovo governo: "La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo". Il capogruppo uscente al Senato continua: "Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre". Serve "collegialità che è l'opposto dei caminetti" e "annunciare le dimissioni e rinviarne l'operatività per continuare a gestire il partito e i passaggi istituzionali delle prossime settimane è impossibile da spiegare". Rincara la dose Michele Emiliano: "Dalle sconfitte, anche quando sono annunciate e pesanti, bisogna sempre trarre insegnamento per rilanciare la propria battaglia per il bene comune. La comunità del centro sinistra esiste, è smarrita e ha bisogno di ritrovarsi e rifondarsi. Renzi punta alla sua autoconservazione, sta pensando a come rientrare in partita, non a come far rientrare il Paese in partita. Per questo finge di dimettersi".

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