
Il cellulare è “nemico“ dei ragazzi
A cura di Valerio Mammone
Se chiedete a un adulto di fare un ritratto della generazione zeta vi dirà, probabilmente, che “i giovani di oggi vivono con lo smartphone in mano”. È proprio così, ma questa critica - per quanto veritiera - cela un’altra verità che spesso viene omessa: a mettere il telefono in mano ai figli, spesso fin dall’infanzia, sono proprio i genitori.
Consigliamo di leggere il lungo e documentatissimo articolo comparso sul magazine The Atlantic la scorsa settimana: si intitola “End the Phone-Based Childhood Now” (lasciate libera l’infanzia dai cellulari).
L’autore è Jonathan Haidt, un apprezzato psicologo americano, che per la prima volta ha messo in fila tutti gli studi che nel corso degli ultimi 15 anni hanno analizzato l’impatto sui bambini e sugli adolescenti dello smartphone, dei social media, ma anche di una genitorialità iper-protettiva che per presunte ragioni di sicurezza predilige le attività online a quella libere e all’aperto.
Il messaggio di Haidt è chiaro: NEGLI STATI UNITI, DAL 2010 AL 2019, I TASSI DI ANSIA E DEPRESSIONE NEGLI ADOLESCENTI SONO AUMENTATI DEL 50%. Il tasso di suicidi è aumentato del 48% fra gli adolescenti di età compresa fra i 10 e i 19 anni e del 131% tra le ragazze di 10-14 anni. Non succede solo negli USA, l’uso di smartphone e social media fin dall’infanzia, un’abitudine ormai consolidata su scala planetaria. Gli effetti di questa abitudine, un tempo, non erano noti. Oggi lo sono: ed è proprio per questo che ogni genitore dovrebbe essere consapevole dei rischi di un’infanzia vissuta davanti a uno schermo.