di Teresa Scarcella
FIRENZE
Il dolore, come la gioia, sono sentimenti troppo intimi per essere spiegati o condivisi. Giovanni Allevi, però, che è un vero maestro della condivisione, sabato scorso a Firenze si è raccontato nel profondo. L’ospite più atteso del quarto Festival di Luce! andato in scena anche quest’anno nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, con tanti ospiti (artisti, scienziati, scrittori, creator) chiamati a riflettere e dialogare su opportinità e rischi dell’intelligenza artificiale. Durante l’incontro tra il compositore e Agnese Pini (direttrice di Qn, La Nazione, il Resto del Carlino e Il Giorno), il tema dell’edizione è stato messo per un attimo da parte per dare spazio alla sfera più umana ed emotiva, più intima appunto. Le parole di Allevi sono state come melodia per il pubblico, così come due anni fa la parola “mieloma“ suonò alle sue orecchie nella sequenza “do-la bemolle-mi-si-re-do-do“. La platea incantata, come bambini di fronte alla magia. Il maestro era lì, senza il pianoforte a nasconderlo, delicato, emozionato.
"Come si fa a pensare che la malattia possa portare con sé dei doni – ha spiegato parlando del suo nuovo libro I nove doni –. Quando arriva la diagnosi e quindi la consapevolezza abbiamo due possibilità: ci abbandoniamo alla disperazione, e io ho fatto esperienza anche di questo, oppure si apre inaspettatamente una porta, uno spiraglio. Ho scelto questa seconda strada forse per mia indole personale, oppure è una soluzione che attende chiunque faccia esperienza del buio, solo che bisogna avere molta pazienza. Pian piano arrivano questi doni, che sono segnali inaspettati". Per lui sono arrivati a casa, era steso sul letto in preda all’angoscia, quando guardando fuori, nel cielo azzurro ha visto una rondine. "Per un attimo mi sono immedesimato in lei e ho iniziato ad avvertire qualcosa di diverso – ha raccontato –. Non ero più il compositore, quello che faceva i concerti, quello che si preoccupava se c’era abbastanza pubblico, l’artista che si preoccupa per i followers, improvvisamente tutto è caduto, non c’erano più neppure le definizioni di me stesso. In quel momento si è approcciata nel mio cuore un’irragionevole felicità".
"Come sostenevano gli antichi alchimisti – ha continuato Allevi –, quando entri nel buio c’è una prima fase dolorosa, poi arriva la seconda che è di grande poesia, dolcezza, sensibilità, solitudine, ed è qui che arrivano i doni. Pirandello diceva che quando nella vita siamo costretti a indossare tante maschere non siamo autentici, poi quando crollano scopriamo di non essere nulla. Se fossimo in grado di liberarci di ogni condizionamento, di ogni maschera, noi saremmo luce". Caduta la maschera del compositore, dell’artista, Allevi ha ritrovato se stesso, l’uomo, il fanciullo e ha scoperto il guerriero. Un concetto controverso quello della lotta, della battaglia contro il cancro. Effettivamente "non si può dare al malato oncologico anche il peso della responsabilità di guarire. Per quello c’è un sistema, parlo della sanità pubblica. Ma c’è un motivo per cui sono convinto della parola “guerriero“ – ha proseguito –. Dopo la diagnosi ho iniziato una terapia antidolorifica potentissima, con effetti collaterali pesantissimi, non ne potevo più. Quando ho deciso di interromperla, l’ho fatto in modo rapido, in tempi brevi. Tolto l’ultimo cerotto ho festeggiato, ma dopo qualche ora è arrivata la crisi di astinenza che è un’esperienza indescrivibile. Con quella scatola davanti che mi diceva “aprimi“, ho resistito. Come ho fatto? Sono uscito sul balcone e ho iniziato a correre avanti e indietro, per non pensarci, e mentre correvo gridavo “sono un guerriero“. Ecco perché sono affezionato a questa parola".
Un racconto talmente intimo, una narrazione talmente personale che ha lasciato tutti i presenti col fiato sospeso. Allevi, nel raccontarsi, ha ammesso di aver iniziato a suonare il piano di nascosto dai suoi genitori. Non volevano che diventasse un musicista. Non ci rimane che essere grati alla sua testardaggine, senza la quale non avremmo conosciuto l’artista, il poeta e nemmeno l’uomo.