Tinto Brass con Caterina Varzi
Roma, 4 agosto 2017 - Tinto Brass si è sposato. A 84 anni, con una cerimonia intima, a casa sua, il re dell’eros, il patriarca del desiderio, della trasgressione, si è unito in matrimonio con Caterina Varzi (sotto l'arrivo della sposa) che da anni è di fatto la sua compagna, la sua assistente, e la donna che sorveglia i suoi giorni, dopo l’ictus che lo ha colpito nel 2010. E tutto questo, senza rinnegare la memoria della prima moglie, Carla Cipriani, la Tinta, morta nel 2006. «Era lei che mi spingeva a osare di più nelle sceneggiature, era lei la più trasgressiva», ricorda Tinto Brass. «Solo non voleva che io portassi a casa le mie attrici».
E di Tinto ne ha scoperte tante. Nel senso più letterale della parola. Claudia Koll, Serena Grandi, Anna Galiena, Francesca Dellera, Debora Caprioglio, persino Stefania Sandrelli quando, con un gesto di grande coraggio, si mise in gioco girando “La chiave”. «Molte di loro mi hanno rinnegato, ma non importa», dice. «Conservo di tutte un buon ricordo». E aggiunge, la Grandi e la Sandrelli non hanno mai smesso di tenersi in contatto con lui.
Un regista, Brass, che ha legato il suo nome all’erotismo, ma che ha iniziato sulla scia del cinema d’autore francese della nouvelle vague con “Chi lavora è perduto” e che ha sempre sviluppato una grande ricerca formale in tutti i suoi film. Non c’è film che lui abbia diretto che non veda una grande sperimentazione di immagini, i giochi di specchi, di prospettive insolite. È una prospettiva insolita anche quella che ci fa vedere la fragilità di un uomo che ha sempre cantato, a modo suo, la vita, con il sigaro in bocca, e una mano fra le natiche di una fanciulla. Ma era un modo per amare la vita, la bellezza dei corpi, per celebrare il continuo miracolo del desiderio. Essere vivi, finché le ombre non calano su di noi.
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