Sabato 5 Ottobre 2024
STEFANIA CONSENTI
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Munch oltre l’Urlo: l’uomo e il grido interiore

Milano, la mostra che prescinde dall’opera-icona: indaga l’artista nel dolore ma anche nell’amore. E la sua incarnazione di un’epoca rivoluzionaria

Edvard Munch: Autoritratto tra il letto e l'orologio

Edvard Munch: Autoritratto tra il letto e l'orologio

Milano, 14 settembre 2024 – Meglio di Edvard Munch (Norvegia, 1863-1944), grande sperimentatore, l’artista che è riuscito ad esprimere l’inesprimibile, il dolore, l’angoscia ma anche l’amore, la tenerezza, c’è solo Munch. Girando per le sale di Palazzo Reale che accolgono cento delle sue opere che arrivano dal Museo di Oslo, sin da principio si resta stupiti per la complessità di un’esposizione che dopo 40 anni riporta Munch a Milano, nuovamente al centro dei riflettori nazionali, a dieci anni dall’ultima grande mostra in Italia. E, anche, a ottant’anni dalla sua morte.

Indubbio il potere del coinvolgimento della retrospettiva ( Munch. Il grido interiore sino al 26 gennaio), meditata e accurata, promossa dal Comune di Milano-Cultura con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, prodotta in collaborazione con Arthemisia e il Museo Munch di Oslo. Mostra che va ben oltre L’Urlo, l’opera icona (più volte oggetto di furto) diventata simbolo di angoscia e tormento, talmente popolare da essere utilizzata ogni giorno in tutto il mondo con l’emoticon presente sui nostri telefoni. La si ritrova "solo", si fa per dire, nella versione di una litografia, sempre originale. Accanto a opere splendide come La morte di Marat, (1907), Notte stellata (1922-1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900-1901) e Danza sulla spiaggia (1904).

“Nella mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo senso. Ho anche avuto l’intenzione di aiutare gli altri a comprendere la loro stessa vita", scriveva Munch. Certo con lui la vita non è stata tenera, segnata da grandi e precoci dolori, la perdita prematura della madre a soli cinque anni e della sorella, la morte del padre e la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen. Materiali emotivi sui quali l’artista ha cominciato a tessere la sua poetica, "indagando quei fenomeni dell’anima", come li definiva, e restituendo in maniera originale, grazie allo straordinario talento, e all’osservazione della natura ("Non dipingo dalla natura - prendo da essa - o meglio mi servo alla sua ricca tavola. Non dipingo ciò che vedo ma ciò che ho visto"), messaggi universali. I suoi volti senza sguardo, i paesaggi stralunati e l’uso audace del colore, raggiungono ogni anima.

Patricia Berman, una della più grandi studiose al mondo di Munch, curatrice della mostra con Costantino D’Orazio, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, esorta però ad accostarsi a Munch con spirito nuovo, perché "lui affronta sì il tema del dolore ma anche della tenerezza, dell’amore, non è sempre e solo l’uomo depresso, ma anche un buon imprenditore di se stesso, gallerista, un performer ante litteram. Prolifico creatore di autoritratti", proprio come Rembrand e Picasso, "e il suo specchio in studio era partner fedele nei continui tentativi di auto-invenzione".

L’esposizione procede con un allestimento fluido, attraversa a 360 gradi la sua vita attraverso le opere, "è una mostra-ricerca", aggiunge D’Orazio, poiché "Munch visse nel suo tempo assorbendone tutte le questioni". Crebbe e maturò in un tempo caratterizzato da agitazioni sociali, in cui le norme culturali, i paradigmi scientifici e le ideologie politiche venivano messe in discussione. Molti cambiamenti ebbero origine nelle scienze. È del 1895 l’opera di Freud Studi sull’isteria che smantellava ogni nozione di ego sovrano e razionale al centro dell’universo umano. Correnti di scienza di avanguardia che attraversavano confini epistemologici in precedenza considerati separati. Nelle arti visive questo clima diede origine a movimenti come il sintetismo e il simbolismo, in contrasto con il realismo; proprio dall’intersezione fra teorie di psicologia, arte e occultismo l’artista norvegese trasse una sua "originale" versione per rivitalizzare la pittura di inizio secolo.

C’è anche un Munch "italiano", un aspetto poco noto. Il suo primo viaggio nella penisola risale al 1899 con la sua amata Tulla Larsen, "sarebbe dovuto andare a Parigi ma finisce a Firenze". Nel 1927 passa un mese a Roma e si reca in pellegrinaggio al Cimitero Acattolico per visitare la tomba dello zio, lo storico più famoso di tutta la Norvegia. Ammira Raffaello, Michelangelo e la Cappella Sistina ("Trovo che sia la stanza più bella al mondo"), cerca ispirazione fra i tesori di Roma. "Dato che sto lavorando con i grandi formati...".