Venerdì 26 Aprile 2024

La fede secondo Martin. Gesù e le vite dei santi, le passioni di Scorsese

In un libro il dialogo fra il regista e l’ex direttore de “La civiltà cattolica“. Il nuovo fim sul Cristo e la serie in otto episodi: da Giovanna d’Arco a Kolbe.

La fede secondo Martin. Gesù e le vite dei santi, le passioni di Scorsese

La fede secondo Martin. Gesù e le vite dei santi, le passioni di Scorsese

"Suonai a casa Scorsese". Se un libro inizia così, è impossibile che non ti catturi. Se qualcuno conosce l’indirizzo di Martin Scorsese a New York, e ha preso il caffè a casa del più grande regista vivente, tutto quello che dice, da quella riga in poi, lo divori. È il film che avresti voluto vivere. Antonio Spadaro, cinquantasettenne messinese, ha preso quel caffè. Spadaro è un gesuita, laureato in Filosofia e Teologia. Per oltre dieci anni ha diretto la rivista La civiltà cattolica. È un prete; un prete che si occupa di letteratura e di musica. Ha frugato fra le poesie nate dal dolore di Alda Merini, nelle pagine dei romanzi “oltraggiosi“ di Pier Vittorio Tondelli, fra le note fragili di Nick Drake, in quelle graffiate di Tom Waits. Fra i quadri desolati di Edward Hopper, fra i graffiti violenti di Basquiat. È un religioso, ma non odora di confessionali nel buio. E ha incontrato l’uomo che ha fatto alcuni dei film più violenti e belli della storia del cinema. Per parlare con lui di vita, di morte e di altre sciocchezze. Ne è nato un libro, firmato da Spadaro con Scorsese: Dialoghi sulla fede, in libreria in questi giorni con La nave di Teseo.

Martin Scorsese racconta la sua infanzia a Little Italy, nel Lower East Side di New York, microcosmo dove il crimine sembra l’unica strada possibile. Due cose lo salvano: i film e l’incontro con un prete giovane, don Francesco Principe, che diventa per lui un esempio. Chi legge “vede“ il piccolo Martin chierichetto, che sogna di farsi prete, e fatica a credere che sia lo stesso Scorsese di Taxi Driver, dei “bravi ragazzi“ che uccidono senza rimorsi, delle Mean Streets, del ghigno di Robert De Niro, dei pugni di Toro scatenato.

Dopo quel caffè a New York, Spadaro regala a Scorsese un suo libro, con una prefazione di papa Francesco, che rivolge un appello agli artisti: "Raccontate Gesù con un linguaggio nuovo, con immagini potenti". Scorsese ne rimane scosso, e dopo pochi giorni invia una mail a Spadaro. Dentro, c’è il soggetto per un film su Gesù. Sta in fondo al libro; prima, ci sono molti dialoghi fra il gesuita amico del Papa e il newyorkese amico di De Niro. Due uomini che cercano di capire. E nessuno dei due, né il religioso né la leggenda del cinema, sembra al riparo dai rischi dello smarrimento. Come se né la tonaca né la cinepresa potessero proteggere fino in fondo dal mistero del vivere e del morire.

Scorsese desiderava, dice lui, fare un film su Gesù già dagli anni Sessanta. Sarebbe stato un Gesù contemporaneo, nelle strade di Little Italy, con la crocifissione in mezzo ai docks di New York. Poi, nel 1964, vede Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini e rimane sconvolto dalla forza religiosa del film dell’ateo Pasolini. "Ti faceva sentire come se tu fossi lì – dice Scorsese – L’immediatezza di Gesù. La sua rabbia. La cruda bellezza e la potenza delle immagini. Pasolini ha reso Gesù umano, qualcuno che si può conoscere, con cui si può parlare". E così, Scorsese accantona il suo progetto. Ci riproverà un quarto di secolo dopo, con L’ultima tentazione di Cristo, nel 1988, affidando il personaggio del figlio di Dio al volto emaciato di Willem Dafoe.

Ma Scorsese non smette di pensare a questa figura, a quest’uomo divino, che però beve "insieme a prostitute e a esattori delle tasse", i piccoli gangster dell’epoca. Il testo, di una ventina di pagine, non è ancora la sceneggiatura sulla quale il regista lavorerà per realizzare il suo film, ma una prima versione del soggetto, autorizzata da Scorsese. Il quale nel frattempo ha lavorato con il fedele Kent Jones alla sceneggiatura del film, che prende spunto anche dalla Vita di Gesù di Shusaku Endo. Da un romanzo di Endo, Silence, sul martirio dei missionari gesuiti in Giappone nel Seicento, Scorsese aveva tratto nel 2016 uno dei suoi film più intimi.

Scorsese, così come appare dalle venti paginette a disposizione, nel suo film riflette non soltanto sulla figura di Gesù, ma su tutto il suo cinema. Un po’ come nel suo documentario Il mio viaggio in Italia, omaggio alla storia del nostro cinema, nel quale Scorsese commenta tutti i nostri grandi capolavori, rapportandoli alla propria storia di spettatore.

Le riprese del film su Gesù dovrebbero partire a fine anno. Intanto, però, non si ferma l’interesse del regista per il sacro. Scorsese sarà il narratore di una serie in otto episodi sulle vite di alcuni santi, che andrà in streaming dal 16 novembre su Fox News Channel e durerà fino a maggio 2025. Ogni episodio si focalizzerà su un santo: da Giovanna d’Arco a San Francesco d’Assisi, da Giovanni Battista a Massimiliano Kolbe, il francescano polacco che scelse di morire al posto di un padre di famiglia ad Auschwitz. "Ho vissuto con le storie dei santi per gran parte della mia vita, immaginando le scelte che hanno compiuto, gli esempi che hanno dato – dice Scorsese – Queste sono le storie di otto uomini e donne molto diversi fra loro, vissuti in epoche diverse. Ma ognuno di loro lotta per seguire la via rivelataci dalle parole di Gesù nei Vangeli".

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