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Vini dell'Alto Adige e cucina orientale, nuance vincente di profumi e sapori

di ENRICO CAMANZI -
19 dicembre 2022
Martin Foradori Hofstätter

Martin Foradori Hofstätter

Che c’azzeccano i vini bianchi dell’Alto Adige con la cucina orientale? A prima vista - ma non a primo assaggio, perché la piacevolezza dell’abbinamento conquista immediatamente il palato – nulla, almeno dal punto di vista geografico. A smentire un possibile pregiudizio di partenza ci ha pensato la cena organizzata dal Consorzio che rappresenta viticoltori e produttori della terra più a Nord d’Italia. Teatro della serata il milanese BA Restaurant di via Raffaello Sanzio, uno dei più interessanti locali cinesi attualmente sulla scena gastronomica tricolore. Forma e sostanza. La scenografia di un’ambientazione ovattata ma mai soporifera. La carezza di una cucina equilibrata ma mai ingessata. Fa gli onori di casa Martin Foradori, titolare della cantina Hofstätter (Termeno) e vicepresidente del consorzio. Accompagna i convitati nel percorso fra sapori e profumi il sommelier Filippo Bartolotta. Alla barra dei comandi il power trio del BA – titolare e anfitrione, executive chef, vini - Marco Liu, Bryan Hooi e l’asburgico (baffi sontuosi) Marco Spini. Si parte. Sfilano piatti complessi per gusto eppure mai complicati. Fanno loro da controcanto vini che svelano la profondità della proposta altoatesina, con le sue mille sfumature. Cogliamo ora il sapido e il minerale, ora il dolciastro e il raffinato. Profumi morbidi ma mai banali. Gusti sempre sorprendenti eppure rassicuranti. Un patrimonio accumulato in decenni di lavoro, con il modello dell’enologia tedesco-austriaca degli anni ’50 e ’60 rielaborata, in principio, fra le mura della scuola di San Michele all’Adige, la prima in Italia (anche se fondata all’epoca dell’impero austro-ungarico) e, a cascata, dagli attuali 5.000 viticoltori che si dividono una superficie vitata di 5.600 ettari. In ogni calice, nella loro diversità, si apprezza una radice comune, quella cifra di freschezza che è bandiera della produzione vitivinicola altoatesina. Le giova il microclima della zona, con le alpi a “benedire” il lavoro di viticoltori e cantine. Le dona sprint l’influenza del Mediterraneo (siamo sempre in Italia, del resto). Il risultato sono bianchi con grande facilità di beva. “Non li metti sul tagliere e li tagli a fette”, scherza Foradori. Piacevoli. Semplici, potremmo dire, senza essere scontati o scialbi. Anzi. Vediamo, dunque. Il rimbalzo fra fruttato e dolce dello spumante Alto Adige 1919 Riserva Extra Brut (Kettmeir 2016) apre le danze e introduce il salmone agrumato, maionese alle spezie, perle all’acqua di cetriolo e zest di limone candito, schioppettante overture della cena. Ammalia la tripletta successiva: il Pinot bianco Vorberg (Terlan 2021) dal retrogusto aromatico e spiccatamente minerale, lo Chardonnay Lafoa (Colterenzio 2021) con note di melone e mango e il Sauvignon Kofl (Kurtatsch, unico 2020 in selezione) in cui “battagliano”, fra gli altri, frutti esotici e salvia, illuminati da un carattere minerale sommesso eppure prolungato. La cucina, intanto, sfodera le sue carte migliori: la selezione di cinque ravioli - con capesante, astice, black cod e tartufo, verdure e anatra piccante – s’imprime nella memoria, gli spaghetti di soia con king crab e asparagi raccolgono l’assist e concludono a rete in leggerezza. Continuiamo. Foradori gioca in casa con il “suo” Gewürztraminer Kolbenhof (2021) che mescola la campagna di pesche e albicocche con lychees e altri spunti esotici esaltati dalla grazia dell’acidità all’assaggio. Piace la morbidezza chiusa da note sapide del Riesling Falkenstein 2021. Giusto premiare, infine, il Müller Thurgau Feldmarschall von Fenner (Tiefenbrunner 2021), magia vellutata e gradevolmente minerale che nasce a quota 1.000 metri d’altitudine. Lo chef Hooi gioca di sponda. I ciuffi di calamari alla julienne, perle di aceto di riso cinese, tentacoli croccanti alle 5 spezie e okra piccante sono un viaggio entusiasmante sulle montagne russe delle consistenza; il maialino da latte croccante, salsa all’aglio nero e purea di mela ci riporta sulla terra, un piatto che starebbe bene in un maso del Qinghai, se non fosse quasi da cartone animato solo pensare a una cartolina del genere. Il dolce, infine, ci rifà bambini: è il “Salto in fiera”, un palloncino al cremoso di nocciola e cereali croccanti, terra di nocciole sabbiate, gelato al pop corn con salsa al caramello. Tornano le differenti consistenze in un equilibrio che è sigillo della cena così come dei vini proposti. Equilibrio che dona la possibilità di sentire tutti gli aromi e i sapori distintamente, da ricomporre nel palato e, soprattutto, nella memoria a seconda di inclinazioni, ricordi e passioni di ciascuno.