Senigallia, un’emozione vellutata

La sabbia finissima e il divertimento. Poi i festival e la cucina stellata

di MATTAEO MASSI -
5 maggio 2024
La celebre rotonda sul mare di Senigallia

La celebre rotonda sul mare di Senigallia

Nei giorni di sole (e di cielo terso) dicono che se orienti lo sguardo all’orizzonte e fissi intensamente il panorama, riesci a vedere perfino la Croazia. Magari per vedere ancora meglio, puoi arrivare fino alla punta del molo, come la chiamano a Senigallia, e ti appoggi al faro. Un faro giallo che si staglia nell’ultima appendice di cemento prima che diventi tutto acqua, cioè mare.

Una trentina d’anni fa il segnale di Tele Capodistria arrivava sul televisore che era un piacere. Soprattutto se lo schermo a tubo catodico in una forma singolare di Feng Shui era orientato verso il mare. Il mare, appunto. L’Adriatico, mare dolce che bagna Senigallia e la sua spiaggia di velluto, che si chiama così perché la sabbia è finissima: carezzevole per la pianta del piede, ben più insidiosa quando alla fine di una giornata rimane attaccata alla pelle. Sapore di mare. "Sì bella a specchio dell’Adriaco mar". Scrisse Giosuè Carducci su Sinigaglia in ’Canto dell’amore’ che chiudeva ’Giambi ed epodi’, introducendo un senso di pacificazione per una porzione d’Italia che non apparteneva più allo Stato Pontificio. E l’ultimo Papa Re, citato dallo stesso Carducci, era Giovanni Maria Mastai Ferretti, Pio IX, che a Senigallia era nato. E che nostalgico, nei versi del poeta, ripensava anche alla sua città natale.

Dicono anche – ma pure in questo caso è tutto vero – che Francesco De Gregori da villeggiante, oltre a giocare a carte nei circoli delle frazioni collinari, arrivasse al porto canale nel tardo pomeriggio per salire sui pescherecci e con i pescatori solcare il mare. Collina e mare, perché l’orizzonte non va mai perso di vista da qualsiasi posizione. Questa dualità è un po’ nel Dna di Senigallia che non ha mai cercato di ridursi a essere considerata solo una città di provincia e non ha nemmeno lasciato nel suo biglietto da visita turistico solo il mare, perché ci pensasse lui a risolvere tutti i problemi.

E infatti il centro storico – che negli anni si è cercato di trasformarlo in un continuum con il mare (e viceversa), attraversato da quel fiume (il Misa) grondante paura e disperazione nei giorni tragici dell’alluvione – è una piccola miniera di bellezze più o meno nascoste. Che hanno anche un legame con la Storia: Capodanno 1502, a due passi dalla Rocca Roveresca, il Valentino (Cesare Borgia) regolò i conti con Oliverotto da Fermo e Vitellozzo Vitelli che avevano ordito una congiura nei suoi confronti. Più di una ventina d’anni fa, sempre nei paraggi, nel giardino di una scuola elementare s’inventarono una festa lunga tre giorni (allora) che profumava di revival: un ritorno agli anni ’50, quelli del Dopoguerra, che anche per Senigallia (liberata dall’esercito polacco e con il passaggio di Churchill qualche giorno dopo la liberazione nelle colline) rappresentò una rinascita, un ritorno alla vita.

Quella festa è diventata in fretta un festival internazionale: ’Summer Jamboree’. Ad agosto – ogni anno – da tutto il mondo arrivano, muovendosi anche su moto e auto d’epoca tra il centro storico e il lungomare, tanti appassionati. È il rock’n’roll che non è solo un genere musicale, ma anche uno stato d’animo. Che a Senigallia – anche per la cucina stellata di Mauro Uliassi e Moreno Cedroni e il loro modo di rapportarsi ai fornelli – ha trovato casa.