Domenica 11 Maggio 2025
LA FORMULA
Esteri

Il no di Israele. La Knesset vota contro lo Stato di Palestina: "Sarebbe un pericolo"

Il Parlamento di Tel Aviv si pronuncia a larga maggioranza. Pesano il trauma dell’attacco di Hamas e la paura dell’egemonia islamista. Si rafforza Netanyahu, che lunedì incontrerà Biden alla Casa Bianca.

Il no di Israele. La Knesset vota contro lo Stato di Palestina: "Sarebbe un pericolo"

di Aldo Baquis

TEL AVIV

La formula dei Due Stati è per principio inaccettabile per il popolo d’Israele: lo ha stabilito ieri a larga maggioranza la Knesset a pochi giorni della partenza di Benjamin Netanyahu per Washington dove il premier prevede di incontrare lunedì il presidente Joe Biden (e forse anche Donald Trump), nonché di pronunciare un discorso al Congresso. "La Knesset si oppone in maniera totale alla costituzione di uno Stato palestinese ad ovest del Giordano. Uno Stato del genere, nel cuore della biblica Terra d’israele, – afferma la risoluzione sostenuta da 68 dei 120 deputati, ed osteggiata solo da nove parlamentari di liste arabe – rappresenterebbe un pericolo esistenziale per il nostro Stato e per i nostri cittadini. Destabilizzerebbe la Regione". Fra le righe è emerso con evidenza il trauma dei massacri progettati per anni a Gaza e compiuti da Hamas il 7 ottobre. Il timore della Knesset è che presto o tardi le strutture di uno Stato palestinese indipendente potrebbero cadere nelle mani di Hamas, come già avvenuto a Gaza".

Poche ore prima del voto Netanyahu aveva avvertito il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. Immediate le reazioni adirate dell’Autorità nazionale palestinese, di Hamas, della Giordania e anche dell’Arabia Saudita: ossia del Paese che secondo i piani di Biden potrebbe contribuire alla stabilità regionale con la normalizzazione dei rapporti con Israele, una volta conclusa la guerra ed elaborata una soluzione per la sua amministrazione civile.

In un intervento appassionato il leader del partito nazionalista Sionismo religioso Bezalel Smotrich (che funge da ministro delle Finanze e da coordinatore delle attività civili in Cisgiordania) ha precisato che la sua opposizione ad uno Stato palestinese non è legata solo a circostanze recenti, ossia alla crescente influenza dell’Iran su Hamas ma a considerazioni molto più profonde, anche teologiche. "Uno Stato palestinese non può esistere – ha esordito – perché non esiste un popolo palestinese. Nella Storia non c’è mai stato un re palestinese". Smotrich ha aggiunto che lo Stato di Israele si fonda su una ‘Promessa divina’, nonché sul diritto internazionale. Riguardo la Cisgiordania, ha aggiunto che le attività di colonizzazione proseguiranno alacremente: "Di fatto vi stiamo imponendo la nostra sovranità".

Contagiato dal clima di eccitazione per il voto, il ministro della sicurezza interna Itamar ben Gvir (leader del partito di estrema destra Potere ebraico) è salito sul Monte del Tempio (ossia la Spianata delle Moschee). Poi nell’aula della Knesset ha acceso gli animi fra i deputati arabi definendoli "terroristi". "È vergognoso che essi siano ancora qua nel Parlamento – ha esclamato. - Dovrebbero andare in Siria".

Nel clima di grande fermento nell’opinione pubblica israeliana la formula dei Due Stati non ha trovato sostegni fra i deputati ebrei: i parlamentari centristi (fra cui l’ex premier Yair Lapid) ed i laburisti hanno preferito non farsi trovare in aula al momento del voto. Un altro leader centrista, Benny Gantz, ha invece votato con il Likud. Solo i veterani del dialogo con i palestinesi, i dirigenti di Peace Now, hanno pubblicato un documento in cui ribadiscono che per mettere fine alla guerra l’unica strada è quella di un accordo con i palestinesi. Da questi eventi Netanyahu si è rafforzato nella convinzione che la sua linea politica è quella che meglio rappresenta oggi lo spirito degli israeliani.