di Aldo Baquis
TEL AVIV
In un’ulteriore giornata di furiosi bombardamenti reciproci in Libano e in Israele, gli Hezbollah e l’esercito israeliano si sono anche scambiati messaggi eloquenti, mentre la diplomazia cerca di impedire in extremis che si precipiti verso un conflitto a tutto campo. "È possibile una guerra su larga scala", ha detto il presidente americano, Joe Biden. Il messaggio di Hassan Nasrallah è stato affidato a un missile balistico Qadr-1 – il pimo lanciato dai miliziani – che alle prime luci dell’alba ha percorso un tragitto di 200 chilometri puntando – secondo gli Hezbollah – all’incrocio stradale di Glilot, alle porte di Tel Aviv, "ossia alla sede del Mossad". Secondo Israele è stato distrutto a 20 chilometri dal suo obiettivo dal sistema di intercettamento ‘Fionda di Davide’ (una via di mezzo fra l’Iron Dome e i missili Arrow). I suoi rottami si sono sparsi in una vasta zona a nord di Tel Aviv, innescando sirene di allarme che hanno spedito centinaia di migliaia di persone nei rifugi. Ma a Tel Aviv il messaggio di Nasrallah è stato subito interpretato come una sorta di avvertimento: volendo gli Hezbollah avrebbero potuto lanciare molte decine di missili analoghi. Ma ancora preferiscono perseverare in una guerra di logoramento, piuttosto che buttarsi in un conflitto aperto.
Poche ore dopo è stato il capo di Stato maggiore israeliano Herzi ha-Levi a lanciare a sua volta un messaggio a Nasrallah rivelando di aver appena richiamato in servizio due brigate di riservisti che dovranno "tenersi pronte in ogni momento per una operazione terrestre". Potrebbero essere impiegate – ha spiegato – nel Libano del sud, "con gli stivali sul terreno", per demolire le infrastrutture militari approntate dagli Hezbollah a ridosso dal confine. Anche in questo caso la minaccia è rimasta sospesa a mezz’aria, mentre il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito che Israele intende fare ricorso "alla forza, unita a strattagemmi" per consentire il ritorno degli israeliani che sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni in 11 mesi di bombardamenti dal Libano. "Colpiremo Hezbollah con tutta la nostra forza", ha aggiunto.
In Libano, dove anche ieri l’aviazione israeliana ha imperversato colpendo centinaia di obiettivi tra cui il comando dell’intelligence degli Hezbollah (per la prima volta anche fra Beirut e Tripoli, in aree popolate da cristiani e drusi), la situazione umanitaria desta crescente allarme. Gli sfollati sono stimati fra 200mila e mezzo milione. Nei bombardamenti di ieri i morti sono stati oltre 50, e 200 i feriti. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rinnovato gli appelli ai cittadini italiani a lasciare il Libano al più presto, fintanto che è possibile trovare voli aerei. I lavoratori italiani in Libano sono 300, mentre sono 3000 gli italiani con doppia nazionalità. Da parte loro gli Hezbollah hanno sparato 300 razzi verso località civili in Galilea, Nazareth inclusa, e nel Golan.
La necessità di convincere le parti a sospendere le ostilità, inizialmente anche per alcune settimane, è stata discussa da Tajani col ministro degli Esteri Abbas Araghchi. In Libano i contatti diplomatici sono tenuti dal presidente del Parlamento Nabih Berri. La speranza è che l’Iran faccia opera di contenimento sugli Hezbollah, mentre i Paesi occidentali – Stati Uniti in testa – si apprestano a fare altrettanto con Israele. Ai margini del suo intervento all’Onu il presidente iraniano Masoud Pezeshkian (identificato con la corrente riformista, incline a una distensione con gli Stati Uniti) ha incontrato una delegazione di rabbini americani e un professore israeliano impegnato nel dialogo "inter-confessionale".
Nel contesto di queste iniziative diplomatiche Netanyahu si accinge a partire per gli Stati Uniti, per un un intervento (venerdì) all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Sarà tuttavia una missione di tono solitario: diversamente dal passato il premier non avrà incontri col presidente Biden o con altre personalità della sua amministrazione.