Venerdì 17 Maggio 2024
LUCA RAVAGLIA
Economia

Katy Perry e le altre star che hanno venduto la discografia: perché lo fanno

L’accordo ha portato nelle sue casse un totale di 225 milioni di dollari

Katy Perry

Katy Perry

Quanto vale oggi una discografia che ha fatto la storia della musica? E quanto varrà tra trenta o cinquant’anni? La questione se scegliere l’uovo oggi o la gallina domani sta diventando attualissima anche nel panorama discografico, con un crescente numero di artisti che ha venduto, vende, o tratta per farlo, i diritti (e a volte anche i master, le incisioni di tutto il repertorio) del suo ‘songbook’.

Un quadro in profonda evoluzione

A far spingere sull’acceleratore c’è un contesto che anche solo un ventennio fa sarebbe stato inimmaginabile (se non da chi ha contribuito a crearlo), fatto di brani diffusi in streaming, che si ascoltano su piattaforme planetarie accessibili dal telefono, piuttosto che dal computer o dalla televisione. Un gigantesco oceano nel quale chiunque, in qualunque momento, da qualunque angolo del globo, può attingere. Dopo gli anni più che complessi legati alla crisi di Napster, ora il presente parla di un settore che naviga col vento in poppa, spinto da una crescente – e robusta - domanda di contenuti da parte degli utenti. Il punto è: durerà? E a quali condizioni? Il patrimonio artistico di un mostro sacro della musica è destinato a continuare a crescere di valore secondo una sorta di moto perpetuo oppure il picco è vicino? Quali fette di torte potranno spartirsi gli eredi? Il campo è questo, ed è ricchissimo di incognite. Spesso le incognite finiscono con l’accelerare le decisioni.

L’accordo di Katy Perry

La notizia più fresca relativa a questo genere di affari ha riguardato Elizabeth Hudson, in arte Katy Perry, cantautrice statunitense che si è presentata al tavolo delle trattative forte di un curriculum fatto di oltre 100 milioni di dischi venduti e il legittimo titolo di star che brilla nel firmamento della musica pop da oltre un decennio. Nel suo caso, l’accordo ha riguardato la cessione dei diritti musicali pubblicati tra il 2008 e il 2020 alla LitMus Music, per una somma che si attesterebbe intorno ai 225 milioni di dollari.

I precedenti

Katy Perry non è stata la prima e certamente non sarà l’ultima. Uno dei nomi più citati in questo contesto è quello di Bob Dylan, unico cantante ad aver vinto un Nobel per la letteratura, che tra il 2020 e il 2022 ha ceduto i diritti sui suoi brani tra Sony e la rivale Universal per una cifra che supererebbe i 500 milioni di dollari. Lo stesso ordine di grandezza riconosciuto a Bruce Springsteen. Nell’elenco meritano quanto meno di essere citati anche artisti come Neil Young (che ha venduto i diritti d’autore di metà dei suoi brani per una cifra che si attesterebbe intorno ai 150 milioni di dollari), Paul Simon ( i termini non sono stati resi noti, ma sei decenni di musica varrebbero altre cifre da capogiro), o Bob Marley, che ha monetizzato circa 50 milioni di dollari. David Bowie aveva ottenuto una cifra stimata in 250 milioni di dollari, mentre Phil Collins e i Genesis unendo i brani individuali e quelli della band sarebbero arrivati a 300 milioni, indicativamente la stessa cifra raccolta da Sting. Chiudendo tornando ai tempi più recenti e ai coetanei di Katy Perry, a inizio anno Justin Bieber aveva raccolto 200 milioni. Da anni invece si discute (e si tratta) per la vendita del catalogo dei Pink Floyd. Le voci si rincorrono, ma al momento sono arrivate solo fumate nere.

La formula win/win

Perché queste operazioni vanno così tanto di moda? Perché, come si dice in gergo, si tratta di accordi nei quali ‘vincono tutti’. Le grandi etichette effettuano un investimento nell’ottica del lungo periodo, che a fronte di importanti (importantissimi) esborsi nel presente, promettono di riconoscere introiti per un lungo futuro in grado di compensare con gli interessi quanto speso. Gli artisti invece, a partire da quelli più avanti negli anni (ma non solo loro, come mostrano i recenti casi), possono monetizzare immediatamente cifre da capogiro, che avrebbero in ogni caso probabilmente raccolto e magari superato, ma nel corso di decenni. Tutti felici, dunque. Oggi probabilmente sì, in attesa di ciò che riserveranno il mercato e le scelte degli appassionati di musica nel futuro. In un mondo dove tutto (o quasi) si può ottenere con un clic, niente (o quasi) è certo.

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