Roma, 8 settembre 2024 – Liste d’attesa troppo lunghe, rinuncia alle cure per motivi economici, difficoltà a mettere in campo la prevenzione specie per i redditi più bassi, ricorso sempre più massiccio alle prenotazioni on line e ai servizi telematici, polizze sanitarie che non decollano. Sono questi i punti critici che emergono dalla quarta edizione dell’Outlook Salute Italia di Deloitte.
Nel 2023 il 29% dei rispondenti ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a delle cure negli ultimi 12 mesi e la rinuncia alle cure è causata da motivi economici nel 69% dei casi (una percentuale in crescita di 8 punti percentuali rispetto alla precedente edizione e del +17% rispetto al 2021) e nel 40% dalla lunghezza delle liste d’attesa (+5% rispetto al 2022). “L’edizione attuale restituisce l’immagine di un Paese, che secondo gli italiani necessita, anche in ottica di sostenibilità, di potenziare alcuni aspetti ritenuti critici e valorizzare la traiettoria di innovazione dell’ecosistema sanitario, attraverso un uso consapevole di strumenti digitali”, spiega Guido Borsani, Partner di Deloitte Italia e Government & Public Services Industry Leader. Rispetto al periodo pre-pandemia (2019), si conferma una significativa diminuzione degli accessi verso i medici di medicina generale (dal 64% al 50%), oltre una contrazione della domanda di indagini strumentali e nelle cure odontoiatriche. Al contrario, le visite specialistiche, gli esami di laboratorio e le attività di prevenzione risultano le prestazioni più fruite. In particolare, sul lato della prevenzione primaria e secondaria aumenta il ricorso a vaccinazioni (+40%), campagne di screening oncologico (+23%) e check-up completi (+24%). Si conferma, poi, una generale disparità in termini di accesso ad alcune prestazioni sanitarie, determinata principalmente dalla fascia di reddito di appartenenza. Nello specifico i soggetti che possiedono un reddito mensile superiore a 2.500 euro accedono alle visite specialistiche in misura maggiore (72%) rispetto a quelli con un reddito basso (68%). Un divario ancora più marcato riguarda le attività di prevenzione, con il 60% di chi ha reddito elevato contro il 39% che ha un reddito basso. Per quanto riguarda il ricorso a prestazioni di prevenzione, si evidenzia un picco più alto a Nord-Est (58%) e più basso nelle Isole (45%). Il quadro generale mostra come la rinuncia alle cure abbia colpito tutte le fasce di reddito, con effetto maggiore su quelle economicamente più deboli: nel 2021 i motivi di tipo economico pesavano per il 52%, nel 2022 per il 61%, e quest'anno per il 69%. Ma la rinuncia alle cure non avviene solo per motivi economici: a pesare sono anche le lista d’attesa sempre più lunghe secondo il 40% degli intervistati (+5% rispetto all’anno precedente). La struttura pubblica continua a essere la prima scelta per attività di prevenzione (49%), interventi di chirurgia maggiore (42%) e interventi di chirurgia minore (33%). La tendenza a rivolgersi al pubblico per le attività di prevenzione è in aumento rispetto all’anno scorso, mentre per gli interventi di chirurgia minore e maggiore, sempre rispetto alla scorsa rilevazione si ha un incremento della quota di chi si indirizza verso le strutture pubbliche con servizi in libera professione in intramoenia. Per esami di laboratorio e diagnostica strumentale le strutture private convenzionate con il SSN si confermano la prima scelta. Nel 2023 il 42% degli italiani che hanno usufruito di almeno una prestazione sanitaria ha utilizzato servizi in farmacia, come prenotazioni esami ed ECG. Sebbene la qualità dei servizi sia valutata in modo positivo, si registra un calo della quota dei fruitori di 10 punti percentuali rispetto all'anno precedente, quando era il 52% (tale diminuzione risente del ruolo che le farmacie avevano durante la pandemia). Le regioni del Sud registrano un maggiore ricorso a questi servizi (48%), mentre il Centro mostra una domanda contenuta (38%) e una contrazione maggiore rispetto al 2022 (-13%). Nonostante il calo, il livello di soddisfazione complessivo per i servizi in farmacia rimane alto (87%), con il 25% molto soddisfatto e il 62% soddisfatto. La trasformazione digitale della sanità sta progredendo, il 54% degli italiani prenota prestazioni online, il 58% riceve referti digitali, il 38% usa servizi e piattaforme digitali per informarsi o scegliere professionisti sanitari e il 45% condivide referti in modalità digitale.
Le opportunità legate alla digitalizzazione della sanità che gli italiani apprezzano sono facilità di accesso (48%), la maggiore scelta di servizi (36%) e la continuità delle cure (29%). Tuttavia, il 46% teme di perdere il contatto diretto con i medici, e il 29% segnala complessità nell'accesso e utilizzo degli strumenti digitali, mentre il 31% dichiara la mancanza di competenze digitali. Nel complesso, il giudizio sulla digitalizzazione della sanità pubblica è sufficiente per la maggioranza degli intervistati, mentre il 23% lo ritiene insufficiente; per la sanità privata il giudizio è buono, con solo il 13% di insufficienze. Infine, diminuisce la percentuale di chi possiede una polizza sanitaria rispetto ai livelli pre-pandemici. Oltre quattro italiani su dieci conoscono le polizze salute e le consiglierebbero, ma meno di uno su cinque ne possiede una. Chi ha un’assicurazione sanitaria la utilizza con una frequenza annuale costante, principalmente per visite specialistiche, esami di laboratorio e cure odontoiatriche, che sono in aumento dal pre-pandemia ad oggi. Tra chi non possiede una polizza, uno su cinque sarebbe propenso ad acquistarne una, mentre circa la metà non è interessata principalmente per aspetti economici. La percentuale di chi non sente la necessità di una polizza è diminuita dal 30% nel 2019 al 20% oggi. “Il report mostra un sistema sanitario italiano in profonda trasformazione, in cui, nei fatti, si sta configurando un nuovo equilibrio tra i servizi effettivamente coperti dal SSN, ruolo del comparto privato in alcuni ambiti come la specialistica ambulatoriale e un annunciato sviluppo del mercato assicurativo che, tuttavia, stenta ad imporsi alla luce dell’elevata spesa out of pocket che ancora caratterizza il nostro Paese”, spiega Davide Lipodio, Health & Human Services Sector Leader di Deloitte Italia. Giorgio Costa