CERNOBBIO (Como)
La scadenza è fissata per la fine dell’anno. Entro quella data il nuovo cda del Gruppo Ferrovie dello Stato elaborerà una proposta di apertura del capitale ai privati. "Ma a decidere sarà l’azionista", precisa Stefano Donnarumma – da giugno amministratore delegato di Ferrovie – che a margine del Forum dell’Economia di Cernobbio dà un’anticipazione dei possibili scenari. Sulla privatizzazione, dice, "non esiste un mandato affidato al mio ruolo e alla mia persona: esiste uno studio precedente al mio arrivo in azienda. Studio che nelle prossime settimane rielaborerò con i miei colleghi per adattarlo alle mie previsioni strategiche". A decidere, poi, sarà il Tesoro.
Il governo, d’altronde, ha indicato obiettivi di privatizzazione che quest’anno hanno già raggiunto quota 3 miliardi. Ferrovie, insieme Poste, Mps ed Eni, è tra gli asset per i quali si ipotizzano piccole cessioni. Donnarumma, al momento, invita però alla cautela. "Apro a un’ipotesi di valutazione di una possibile apertura del capitale – spiega – laddove possa essere vantaggiosa da un punto di vista finanziario per lo sviluppo degli investimenti dell’azienda". Anche perché "la quotazione è quasi sempre una conseguenza di un eventuale percorso del genere. E in questo caso sarebbe comunque una decisione da prendere con molta cautela".
C’è chi ipotizza che il tema sia stato l’oggetto dell’incontro, a Cernobbio, tra Donnarumma e il sottosegretario al Mef, Federico Freni. Ma l’ad di Fs non conferma: "Per adesso non direi quotazione, ma valutazione sull’apertura del capitale". Serviranno comunque almeno "un paio d’anni". L’ex ad di Terna ammette: "Vengo da un mondo di infrastrutture regolate con partecipazioni pubbliche e addirittura quotate e conosco sicuramente i vantaggi finanziari che possono derivare per un’azienda e la sua capacità di sostenere ancora meglio gli investimenti". Però, precisa subito, "la privatizzazione non è un obbligo, perché i modelli non sono mai univoci, non esiste il bene e il male, c’è solo qualcosa che può essere applicato e qualcosa che non può".
Le ferrovie, osserva Donnarumma, "hanno una natura molto peculiare". E il Gruppo è impegnato con i grandi cantieri, nei quali Fs ha già speso 9,8 miliardi del Pnrr, dei 26 già assegnati: circa il 12% delle risorse rese disponibili come fondi Pnrr e del Piano nazionale complementare. E la controllata Rfi dovrà gestire 25 miliardi, investendoli nella costruzione di nuove linee e nel potenziamento di quelle esistenti. "A fronte di questi numeri – dice ancora Donnarumma – quest’estata abbiamo ritenuto opportuno mentenere le pianificazioni dei lavori, che sono costati ritardi dei treni su molte tratte. Capisco chi ha avuto disagi, perché li ho avuti anch’io da utente. È un sacrificio a volte necessario per implementare un’infrastruttura così complessa con investimenti mai riscontrati in termini volumetrici rispetto alla storia".