Siri indagato per corruzione, Toninelli gli ritira le deleghe

Il sottosegretario leghista: "Cado dalle nuvole". Ipotizzato scambio di favori per agevolare aziende vicine all'imprenditore eolico Vito Nicastri. Di Maio: "Si dimetta". Salvini: "Resti"

Il ministro Toninelli con il sottosegretario Siri (ImagoE)

Il ministro Toninelli con il sottosegretario Siri (ImagoE)

Palermo, 18 aprile 2019 - Il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, il leghista Armando Siri, è indagato per corruzione e il ministro Danilo Tonielli gli revoca le deleghe. Spacca il governo l'indagine delle procure di Palermo e Roma sul settore eolico e su un presunto scambio di favori e denaro per agevolare alcune aziende legate all'imprenditore Vito Nicastri, indicato tra i finanziatori della latitanza del boss mafioso Matteo Messina Denaro e ai domiciliari da un anno. Se il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio chiede infatti le dimissioni del sottosegretario, il collega Matteo Salvini invece gli conferma "piena fiducia".

"ASSERVITO A INTERESSE PRIVATO - Siri è indagato insieme con altre nove persone nell'ambito di una inchiesta della Direzione investigativa antimafia di Trapani, per conto della procura di Palermo e in parallelo dai pm di Roma. L'indagine, che oggi ha portato a perquisizioni a Palermo e Roma, ipotizza uno scambio di favori, utilità e denaro per agevolare aziende considerate vicino a Nicastri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni. Secondo gli inquirenti, Siri, nella "qualità di pubblico ufficiale", avrebbe asservito "l'esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri a interessi privati" nella "duplice veste di senatore della Repubblica e sottosegretario alle Infrastrutture".

TANGENTE DA 30MILA EURO - Secondo l'accusa, l'esponente leghista avrebbe ricevuto una tangente da 30mila euro per modificare una norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l'erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma però mai approvata. A consegnare il denaro sarebbe stato Paolo Arata, l'ex deputato di Forza Italia (genovese come Siri) e responsabile del programma della Lega sull'Ambiente. Ma per i magistrati Siri non sarebbe stato a conoscenza dei legami tra l'ex parlamentare e l'imprenditore Nicastri, che avrebbe come socio occulto nelle sue attività il super latitante di Cosa Nostra. 

L'emendamento caldeggiato avrebbe dovuto fare retroagire i finanziamenti stanziati per le rinnovabili alla data di costituzione di una delle società di Nicastri che avrebbe potuto così beneficiarne. Parallelamente all'indagine romana la procura di Palermo ha ricostruito un giro di tangenti alla Regione siciliana per favorire Nicastri nell'ottenimento di alcune concessioni.

SIRI: "SONO SENZA PAROLE" - "Non so assolutamente niente, non ho idea di cosa siano tutte queste cose", dice dal canto suo Siri. "Cado dalle nuvole, ma sono tranquillo - aggiunge il sottosegretario -. Non so se ridere o piangere. Io non mi sono mai occupato di eolico in tutta la mia vita. Sono senza parole". Poi conclude: "Sicuramente non c'entro niente con vicende che possano avere risvolti penali. Mi sono sempre comportato nel rispetto delle leggi".

TONINELLI RITIRA LE DELEGHE - Intanto, "alla luce delle indagini delle procure di Roma e Palermo", il ministro Danilo Toninelli, ha disposto il ritiro delle deleghe "in attesa che la vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza". A comunicarlo è stata una nota del ministero, in cui si sottolinea che "una inchiesta per corruzione impone infatti in queste ore massima attenzione e cautela". 

DI MAIO - "Se i fatti sono questi sarebbe opportuno che Siri si dimetta - dice intanto il vivepremier Luigi Di Maio -. Gli auguro di risultare innocente e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita". "Va bene aspettare il terzo grado di giudizio ma c'è una questione morale e se c'è un sottosegretario coinvolto in un'indagine così grave non è più una questione tecnico-giuridica ma morale e politica - prosegue il ministro M5s -. Non so se Salvini concorda con questa mia linea intransigente ma il mio dovere e tutelare il governo. Credo che anche a Salvini convenga tutelare l'immagine della Lega". 

SALVINI - La Lega però si schiera compatta al fianco del sottosegretario, al quale viene confermata "piena fiducia". "L'auspicio è che le indagini siano veloci per non lasciare nessuna ombra", dice il Carroccio in una nota confidando "nella sua correttezza". E sul caso interviene anche l'altro vicepremier, nonché segretario del partito. "Lo conosco, lo stimo, e non ho dubbio alcuno - dice Salvini -. Peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito nemmeno nel Def". Poi, incalzato dai cronisti, lancia una frecciata agli alleati di governo. "Dico ai 5 stelle che non si è dimessa la Raggi, sotto inchiesta per due anni - dichiara ancora Salvini -. In Italia si è colpevoli se si viene condannati. So che come Lega diamo fastidio a qualcuno ma abbiamo il dovere di tenere duro. Se qualcuno sbaglia paga ma non mi piaccono due pesi e due misure".