Domenica 5 Maggio 2024

Si riapre il caso Orlandi Ora il Vaticano collabora: dossier ai pm romani "La verità è più vicina"

La Procura ha acquisito documenti che danno impulso all’inchiesta . Il fratello di Emanuela: "Non era mai successo, qualcosa si muove".

di Nina Fabrizio

È quello che la famiglia Orlandi sperava e si augurava. La procura di Roma ha acquisito "atti" dal Vaticano sul caso di Emanuela, la ’Vatican Girl’ su cui ora non solo l’Italia, ma tutta l’opinione pubblica mondiale vuole luce e verità. Dopo Natale, il Vaticano aveva aperto una inchiesta autonoma sulla scomparsa di Emanuela, una prima importantissima svolta. Ma alla famiglia e a tutti quanti seguono il caso è chiaro che senza una collaborazione della magistratura italiana, difficilmente si potranno corroborare anche su suolo italiano, spunti, piste, ipotesi così come procedere alla convocazione di eventuali testimoni. Il 12 aprile scorso Pietro Orlandi ha avuto un colloquio fiume con il ‘pm’ vaticano Alessandro Diddi a cui si è presentato con un corposo dossier sotto al braccio, risultato di anni di indagini private. Sono proprio pezzi importanti di quel dossier che ora la procura vaticana ha trasmesso a quella italiana alla ricerca di riscontri e prove. Un avanti tutta nelle indagini, dopo che ben due inchieste italiane sono naufragate senza esiti, la prima archiviata nel 1997 e la seconda chiusa nel 2015.

"È una cosa positiva, per la prima volta ci sarà una collaborazione, sempre negata in passato, tra Santa Sede e magistratura ordinaria", ha commentato Pietro Orlandi, alle prese anche con la organizzazione di un mega sit-in per i 40 anni, a giugno, dalla scomparsa della sorella. Un faro gli inquirenti italiani potrebbero accenderlo su Marcello Neroni, ex Banda della Magliana, citato in un famoso audio in cui addebita responsabilità per il rapimento di Emanuela persino a San Giovanni Paolo II sostenendo, con pesantissime illazioni su presunti malcostumi sessuali del Papa santo tra l’altro, che in Vaticano all’epoca fosse soprannominato ’il montone’. Da quando l’audio è diventato pubblico, Neroni vive asserragliato in una villetta della provincia di Roma, circondato da alti muretti e cani da guardia addestrati all’attacco. Dopo l’intervista rilasciata al giornalista esperto di criminalità nera Alessandro Ambrosini, Neroni ha cercato di far perdere le proprie tracce anche recandosi per un periodo all’estero. La magistratura vaticana non avrebbe titolo nel convocarlo, diverso invece sarebbe se a farlo fosse quella italiana.

Il nuovo sprint alle indagini segna anche un punto a favore dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo, a lungo titolare delle indagini su Emanuela e protagonista di una presunta trattativa con emissari vaticani per la restituzione del corpo della ragazza. Trattativa la cui esistenza è sempre stata negata dal Vaticano e, di recente, dal segretario storico di Benedetto XVI, monsignor Georg Gaenswein.

E proprio, però, sulla base di un esposto disciplinare al Csm di Capaldo due anni fa, ultima puntata di un braccio di ferro che lo ha visto opposto all’ex procuratore capo e ora presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, che il filo su Emanuela è rimasto in piedi e ora è destinato a irrobustirsi.