Venerdì 3 Maggio 2024

Lo Stato ebraico e le distanze dall’Occidente

Il ministro degli esteri israeliano avverte dell'ipotesi di attacchi terroristici al Colosseo da parte dell'Iran, sottolineando la necessità di solidarietà internazionale. La tensione geopolitica richiede un'azione concertata per prevenire eventuali escalation.

Canè

È probabile che non arrivino da Teheran i missili in grado di distruggere il Colosseo. Ma che a qualche terrorista venga in mente di farlo, non è un’ipotesi da buttare via. Dopo le Torri Gemelle, tutto è possibile. Il post del ministro degli esteri israeliano Katz con il nostro monumento simbolo sotto attacco, è ovviamente fatto per mettere paura. Soprattutto per ricordare all’Europa, agli Usa, all’Occidente di cui Israele fa parte, che c’è un paese barbaro, nucleare, che alimenta e finanzia il terrore: l’Iran. E che in prima linea a combatterlo, anche per noi, c’è ora lo Stato ebraico.

Tutto vero. Se però Tel Aviv sente il bisogno di ricordarlo, vuol dire che non è affatto sicuro che questo fronte sia così consapevole e compatto. E non parliamo delle piazze o di qualche pattuglia minoritaria sparsa nei pensatoi radicali di qua e di là dall’Atlantico. I soliti noti. Parliamo di governi, istituzioni, di un’Europa, ad esempio, che il 13 ottobre in un kibbutz martoriato il 7 ottobre dagli squartatori di Hamas, espresse con Ursula von der Leyen il "sostegno incondizionato a un amico aggredito". Di una Casa Bianca pro Israele anche dopo il primo attacco a Gaza, e poi protagonista di distinguo, frenate, scontri, sia per gli eccessi oggettivi della rappresaglia, sia per un Biden preoccupato di perdere i voti del numeroso elettorato di origine araba. Insomma, se il 7 ottobre erano tutti israeliani, oggi lo sono un po’ meno.

Il nuovo stanziamento del congresso Usa per l’esercito di David, ha segnato una tappa importante di disgelo, favorita certo dalla mini contro rappresaglia di Tel Aviv all’attacco missilistico iraniano. De-escalation auspicata anche da Roma e da Bruxelles, che troverà nell’attacco a Rafah la possibile conferma o la dolorosa smentita. Fermo restando che Israele è uno di noi. E che i missili sul Colosseo, semmai, possono venire solo dai suoi nemici. Gli stessi nostri.