Giovedì 18 Aprile 2024

Il carnefice e il solito riflesso condizionato

Matteo

Massi

È diventato un riflesso condizionato. Ed è decisamente allarmante. Ogni volta che una donna sparisce nel nulla, si è portati quasi sempre a pensare al peggio, alla tragedia, e a identificare nel marito, nel compagno, nel fidanzato e più in generale nell’uomo, la persona che ne ha determinato la scomparsa, traducendola quasi immediatamente con la morte.

Ieri mattina l’hashtag #losapevamotutte che spopolava su Twitter, rilanciato anche da scrittrici e intellettuali, suonava altrettanto angosciante. Cronaca e precedenti confermano questo riflesso condizionato e i dati di ieri della direzione nazionale della polizia criminale certificano che si tratta di un’altra emergenza, cui il Paese deve far fronte e che si materializza ai nostri occhi per comportamenti disumani. L’omicidio di Giulia, 29 anni, incinta di sette mesi, il cui corpo è stato prima massacrato e poi occultato dal compagno è la fotografia, in primo piano, di quest’emergenza. Quarantasette donne uccise nei primi cinque mesi, una ogni tre giorni. La media è purtroppo stabile se confrontata col passato. Anche se nel frattempo è aumentata la consapevolezza di fronte a questi delitti che vengono identificati ormai col termine femminicidio – per non perdere di vista la realtà – e si sono fatti decisi interventi legislativi (vedi il Codice Rosso) ma che non sono bastati per fermare questa strage. Il riflesso condizionato di pensare che dietro la scomparsa di una donna ci sia sempre un atto (o una condotta) criminale da parte di un uomo non dovrebbe essere compatibile con l’anno 2023 e con una generazione che è cresciuta in una stagione in cui un film come “Thelma & Louise“ (1991), raccontava come la sparizione da casa di due donne fosse invece la fuga verso la libertà e l’autodeterminazione. Eppure, purtroppo, quel riflesso condizionato è la triste realtà.