Guai a tornare alla classi differenziali

Giorgio

Guaiti

La petizione al Presidente della Repubblica ha già raccolto quasi cinquantamila firme e altre ne stanno arrivando. Obiettivo: denunciare e bloccare il tentativo di stravolgere l’integrazione scolastica degli alunni con qualche disabilità e di tornare alle classi differenziali. Famiglie e associazioni chiedono di modificare il decreto interministeriale (Istruzione e Finanze) che introduce un nuovo Piano Educativo Individualizzato e diverse modalità di attuazione delle misure di sostegno.

Il provvedimento, approvato a fine dicembre dal governo Conte, prevede l’esonero da alcune discipline di studio con allontanamento dell’alunno dalla classe, la riduzione dell’orario di frequenza e la riapertura di laboratori o aule riservate. In pratica un ritorno, neanche tanto strisciante, alle classi differenziali. I ghetti scolastici furono aboliti nel 1977, dopo la sperimentazione introdotta dal provveditore agli Studi di Milano, Vincenzo Tortoreto, e attuata in tutte le scuole della Provincia: bambini e ragazzi con disabilità sempre insieme agli altri, con insegnanti di sostegno, destinati non all’alunno con qualche problema, ma a supporto dell’intera classe.

Era l’inizio di una forma di integrazione scolastica divenuta legge in Italia e modello per altri Paesi europei, ma che oggi rischia di essere svuotata o addirittura cancellata. Ora si può sperare che il nuovo governo (con l’inedito Ministero per le Disabilità) e il nuovo ministro dell’Istruzione facciano retromarcia. Restano però molti interrogativi. La firma del ministro delle Finanze e le grandi difficoltà della scuola fanno pensare alla possibile ricerca di ulteriori risparmi in un settore già penalizzato a sufficienza. Ma soprattutto resta da chiedersi come un provvedimento del genere possa essere stato approvato da forze politiche che fanno dell’impegno per ogni tipo di integrazione la loro bandiera.