Arrivi dalla Ue, l’Italia si blinda. Tamponi anche ai vaccinati

Il governo irrita Bruxelles. Ecco le nuove regole. Non c’è l’obbligo di mascherina all’aperto ovunque

Lo stato di emergenza

Lo stato di emergenza

La proroga c’è, l’obbligo di usare ovunque le mascherine all’aperto no. Il consiglio dei ministri ieri ha approvato il decreto che fa slittare di tre mesi la fine del regime straordinario che era fissata al 31 dicembre. Contemporaneamente, però, Draghi inizia a programmare anche l’uscita dalla fase eccezionale e l’ingresso in una nuova normale, o comunque sia normalizzata, di "convivenza" con il virus.

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Il provvedimento stabilisce che "con ordinanze" si inizi a riorganizzare tutta la struttura di mobilitazione sanitaria per preparare la strada del ritorno alla gestione "ordinaria" e avere a marzo la possibilità di non allungare più lo stato emergenziale. A stringere ulteriormente i bulloni, ci pensa il ministro Speranza, d’intesa con Di Maio, prevedendo, anche per chi arriva dai paesi Ue, l’obbligo di quarantena per i no-vax e il tampone per chi è vaccinato, scatenando l’ira di Bruxelles. Nessuna discussione infinita, nessuno scontro violento tra i favorevoli e i contrari: in consiglio dei ministri, il leghista Giancarlo Giorgetti fa solo notare, raccontano, alcune incongruenze tra la proroga e precedenti decreti che impongono l’obbligo vaccinale per alcune categorie fino al 27 maggio. Tant’è: in poco più di mezz’ora tutto è compiuto. Passa l’allungamento fino al 31 marzo dello stato d’emergenza, e così restano in piedi le misure che hanno scandito negli ultimi due anni la nostra vita, assieme al Super Green pass. Il generale Figliuolo continua ad operare come commissario straordinario ma ottiene anche il ruolo di capo del comitato operativo del vertice interforze.

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Il presidente della conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, che non ha mai nascosto le sue perplessità, sottolinea che c’era un’alternativa: "Si potevano emanare decreti che coprissero le necessità dello stato d’emergenza". Una delle formule, peraltro, cui il premier aveva pensato per evitare la proroga. Poi l’incognita della variante Omicron e le pressioni di alcuni partiti assieme a quelle del dicastero della Salute lo hanno convinto a rinviare la dichiarazione dello stato di normalità al 31 marzo. Una mediazione pensata anche per andare incontro alle contrastate esigenze della sua maggioranza. Per Speranza (LeU) e per il Pd è importante che venga scavallato il termine dei due anni attualmente fissati per legge: eliminato quell’ostacolo con un atto normativo che supera il precedente "sarà la situazione dei contagi – dicono alla Salute – a indirizzare le prossime scelte del governo". Quanto al Carroccio, può accontentarsi della proroga risicata. Da notare quello che non c’è nel decreto: l’obbligo di indossare mascherine all’aperto anche in zona bianca in tutta l’italia non solo laddove disposto da diversi sindaci, come chiedeva qualche ministro. Che Palazzo Chigi auspichi sia l’ultima proroga si legge pure nello stanziamento di 6 milioni di euro per la creazione di un hub di stoccaggio di vaccini "per emergenze future".

Da domani, inoltre, un’ordinanza del ministro Speranza di concerto con Di Maio, impone il test molecolare o antigenico ai vaccinati e la quarantena di cinque giorni ai no-vax che arrivano qui da un paese Ue. Una decisione, analoga a quella portoghese, che sotterra l’idea di un coordinamento delle misure restrittive e fa infuriare Bruxelles. "L’Italia deve spiegare questo giro di vite – avverte la vicepresidente della Commissione Ue, Vera Jurova – Immagino se ne parlerà al consiglio europeo".