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Mia sorella Antonietta è morta. È successo pochi giorni dopo il matrimonio. Una disgrazia, e non dirò altro. Non accetto che si blateri di maledizioni e altre fandonie. Le disgrazie succedono, è questo il punto. La falce nera colpisce nel mucchio, e quel giorno la sua lama ha reciso lei, mio adorato fiore. Antonietta e Pietro erano a New York poche settimane dopo le nozze. Lui era dovuto partire per lavoro, lei lo aveva seguito: un surrogato del lungo viaggio di nozze in Asia che presto avrebbero fatto: Cina, India, Giappone… un mese di viaggio preparato con cura. Ma nulla di tutto questo è avvenuto, e di ciò che è successo invece hanno parlato i tg.
Erano in metropolitana, di sera. C’erano dei ragazzi di colore nel loro vagone che ridevano, bevevano birre, dicevano sconcerie e non si curavano di non farsi sentire. Un altro tizio li osservava blaterando di pulizia, punizioni esemplari, dignità. La moglie cercava di calmarlo, ma lui alzava la voce, voleva farsi sentire. Parlava di feccia umana, li provocava. I ragazzi se ne accorsero, e iniziarono a ridere di lui. Benzina per il tizio, che sordo ai tentativi di sua moglie s’infervorò, vomitò il suo sdegno, sputò per terra. Sembrava finita lì. I ragazzi scesero, tra risate e qualche gestaccio improvvido al tizio e alla sua signora. Pietro e Antonietta li seguirono: loro e quei ragazzi – lo si è scoperto dopo – alloggiavano nello stesso bed&breakfast.
Ci si è messo il destino: il tizio li ha seguiti. Era diretto altrove, avrebbe chiarito poi con la polizia, eppure li ha seguiti, questione di dignità. Così è riapparso urlando all’uscita della metro, quando tutti lo avevano già dimenticato, trattenuto a stento dalla sua signora in lacrime. Voleva loro. Pietro mi ha raccontato il tentativo suo e di Antonietta allungare il passo, di tirarsi fuori. Perché l’americano era sempre più fuori di testa, e nell’aria c’era già abbastanza odore di vendetta. Ne sarebbe venuta fuori una gran rissa, se solo il tizio non fosse armato. Una pistola regolarmente registrata. Lui, d’altronde, se pure ci parlassimo ora, probabilmente continuerebbe a farneticare il suo diritto alla difesa personale, e all’onore. Un cazzo di invasato. Un discendente di emigrati italiani dell’Ottocento, che con la testa non si era discostato poi di molto da lì. Mi sono informato su di lui, non parlo per dire. Suo nonno non fece in tempo a sbarcare a Ellis Island che già trafficava coi siciliani. Entrò nel sindacato dei portuali, divenne straricco e rispettato, finché non finì crivellato dai colpi di una banda di irlandesi. Prostitute, cocaina. Stesso pollaio per troppi galli. Suo padre per non far perdere il buon nome alla famiglia, negli anni ’80 fu implicato in Pizza Connection, un pesce piccolo. Lo stronzo che ha ucciso mia sorella è suo nipote, terza generazione. Un nullafacente, cresciuto a spendere i soldi del padre che l’Fbi non era riuscita a sequestrare. Un bel signor nessuno che quella maledetta sera per la prima volta si decise a farsi rispettare, per tenere la viva la memoria di quello stronzo di suo nonno.
Era fuori di testa, d’altronde. Strafatto di coca, lo si è appurato al processo. Urlava e picchiava a mani aperte, e uno di quei ragazzi, Simon W. Albert, lo ha quasi ucciso di botte. Pietro ha fatto per scappare, ma Antonietta le si è divincolata e si è messa in mezzo. Urlava di lasciarli stare, e quando il tizio, mezzo sopraffatto a fatica dai ragazzini, cinque contro uno, ha tirato fuori la pistola, l’unica a finirci in mezzo è stata lei. Sono stati giorni bui per tutti noi. Ne hanno parlato i giornali. Siamo partiti per New York all’alba, tirati giù dal letto da un funzionario del ministero degli Esteri. Sulle tv americane per molti giorni la storia di Antonietta ha tenuto banco, soprattutto per due macabri particolari. Il primo è che l’assassino, si è scoperto, per un assurdo scherzo del fato non solo come si diceva è un italo-americano, ma è un calabrese, originario di Melito Porto Salvo, il paesino nel cui comune ricade Pentedattilo dove – non hanno fatto fatica a scoprire i giornalisti, spulciando sui social di mia sorella – solo pochi giorni prima la vittima, mia sorella, era convolata a nozze. Il secondo è che Antonietta in tutto quello schifo, è stata l’unica a beccarsi una pallottola. L’altro, Simon, il ragazzino pestato, se l’è vista brutta, ma poi se l’è cavata. Al processo ha testimoniato in carrozzina. Antonietta – ha raccontato ai giudici – stava mettendosi in salvo con lui ma poi è tornata indietro per cercare di fare qualcosa per lui. Chissa cosa, poi. Dannata stupida. Lo stronzo che l’ha uccisa, invece, in tante udienze non è stato in grado di dire beo. Chiuso in un maledetto mutismo, agli atti è rimasto pochissimo, e di senso compiuto ancor meno. Tutto in ciò che dice quel bastardo d’altronde trasuda follia. Compresa la sua unica frase, ripetuta mille volte ai poliziotti che l’hanno fermato: “Everybody dies, everybody dies”. Tutti muoiono. Interpretata dai più come una giustificazione, per quanto infantile, sull’ineluttabilità degli eventi di cui è reso inconsapevolmente protagonista. Marcirà in galera quel bastardo, assassino di Antonietta. Si chiama Bernard J. Abenhavol.
12. Fine.
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