Giovedì 18 Aprile 2024

L’uva protegge dall’Alzheimer e migliora la memoria

Secondo uno studio statunitense, mangiare uva tutti i giorni può aiutare ad allontanare la demenza senile provocata dall’Alzheimer

Uva

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Grazie alle sue proprietà antiossidanti, l’uva può essere utilizzata come medicina naturale per prevenire l’Alzheimer. A rivelarlo è uno studio americano dell’Università della California, che ha scoperto i benefici dei polifenoli del frutto sul metabolismo cerebrale. LO STUDIO I ricercatori hanno preso in considerazione dieci soggetti (cinque maschi e cinque femmine) con lievi problemi di declino cognitivo, destinati però a peggiorare nel giro di pochi anni. I partecipanti sono stati divisi casualmente in due gruppi: per sei mesi, il primo ha mangiato ogni giorno due tazze abbondanti di acini; il secondo, invece, ha ingerito un placebo senza polifenoli, ossia le molecole organiche che conferiscono all'uva notevoli proprietà antiossidanti. MEMORIA E METABOLISMO CEREBRALE Secondo i risultati, pubblicati sulla rivista Experimental Gerontology, il metabolismo cerebrale dei soggetti che hanno mangiato l’uva ha ripreso a funzionare in modo più corretto nelle aree colpite dall’Alzheimer (per esempio la corteccia prefrontale sinistra). Invece, il declino cognitivo delle persone che hanno assunto il placebo non ha mostrato segnali d’arresto.

Il gruppo dell’uva, inoltre, ha ottenuto punteggi migliori nei test per la memoria a breve termine. POLIFENOLI E RADICALI LIBERI Il merito potrebbe essere dei polifenoli, non contenuti nel placebo. Queste molecole organiche hanno funzioni antinfiammatorie e antiossidanti, rallentando la comparsa dei radicali liberi che a lungo andare danneggiano le cellule. La diminuzione dei radicali liberi, quindi, può anche migliorare l’afflusso di sangue in diverse aree del cervello che interessano la memoria. Tuttavia, la ricerca è stata effettuata solo su dieci persone e perciò è necessario procedere con cautela: “Il ruolo benefico dell’uva per la salute neurologica e cardiovascolare ha ottenuto ulteriori prove a favore, ma in ogni caso serviranno studi clinici più ampi per confermare i risultati ottenuti”, ha spiegato Daniel H. Silverman, il coordinatore degli esperimenti.