Sabato 18 Maggio 2024

Treviso, fiamme ai letti dei profughi. La rivolta: non li vogliamo

Residenti furiosi. Zaia: "Africanizzazione"

Treviso, 17 luglio 2015 - Giornata ad alta tensione a Quinto di Treviso, dove un gruppo di residenti di una palazzina con una cinquantina di appartamenti è sceso in strada per dire ‘no’ alla consegna di quelli liberi a un centinaio di migranti. La protesta era iniziata mercoledì all’arrivo di due pullman con 101 profughi, ma ieri ha rischiato di degenerare. Ignoti, infatti, hanno dato fuoco a televisori, mobili e ai materassi che dovevano servire a far dormire i migranti, impedendo poi ad alcuni addetti della cooperativa che li ha in gestione di consegnare loro le ceste col cibo fino al pomeriggio. Sul posto anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha usato parole molto dure nei confronti del governo e del prefetto di Treviso che nei giorni scorsi aveva appunto disposto il trasferimento dei profughi a Quinto. "Questo presidio – ha detto Zaia – va chiuso urgentemente e gli immigrati devono andarsene. Mettere un centinaio di persone immigrate che non sanno nulla del Veneto e delle quali non sappiamo niente noi accanto a famiglie con bambini piccoli vuol dire non avere assolutamente cognizione di cosa significa".

IL GOVERNATORE ha parlato anche di un processo in atto di ‘africanizzazione’ della regione. Tra i residenti serpeggia la preoccupazione per il possibile crollo del valore delle loro case, per i possibili problemi di ordine pubblico e sicurezza. «Non possono che rimanere dove stanno», hanno invece fatto sapere fonti accreditate della prefettura, indicando anche che l’esito finale dell’ispezione della Usl n9 – chiesta ieri da Zaia – sarebbe di fatto compatibile con l’abitabilità dei locali. "Forse – è stato detto – ci sono due o tre persone in più, ma non altri problemi che non possano essere superati». In una relazione dei tecnici della Regione si erano evidenziati problemi agli allacciamenti alla rete elettrica, ma la questione sarebbe stata nei fatti superata. Per la prefettura, in ogni caso, «non c’è altra scelta".