Giovedì 16 Maggio 2024

Mafia, quattro arresti a Marsala, preso anche il boss

L'operazione è stata denominata 'The Witness'

I carabinieri del Ros in azione

I carabinieri del Ros in azione

Trapani, 9 marzo 2015 - Questa mattina i carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo del comando provinciale di Trapani, nell'ambito di un'operazione denominata 'The Witness', hanno arrestato, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Palermo, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, 4 affiliati alla famiglia mafiosa di Marsala per associazione di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni e favoreggiamento aggravato. Gli arrestati sono: Antonino Bonafede, pastore, pregiudicato per associazione di tipo mafioso; Martino Pipitone, pensionato, pregiudicato per associazione di tipo mafioso e detenzione abusiva di armi; Vincenzo Giappone, pastore, incensurato; Sebastiano Angileri, fabbro, incensurato. Le indagini, dirette dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Teresa Principato e coordinate dal sostituto procuratore Carlo Marzella, hanno accertato l'attuale operatività della famiglia mafiosa marsalese, documentando il ruolo di vertice di Antonino Bonafede, storico uomo d'onore lilibetano.

Bonafede, insieme a Giappone, provvedeva alla raccolta del denaro provento delle attività illecite, poi conferite al mandamento mafioso di Mazara del Vallo e ai familiari degli affiliati detenuti, come ad esempio Giacomo Amato, uomo d'onore marsalese condannato all'ergastolo. Inoltre l'attività d'indagine ha permesso di attribuire a Bonafede il ruolo di reggente della famiglia mafiosa di Marsala; individuare in Giappone il cassiere della famiglia e primo collaboratore di Bonafede; riattualizzare il ruolo di Pipitone, anziano esponente di rilievo della consorteria mafiosa marsalese che esercitava la propria influenza principalmente nel centro storico della città; accertare la fittizia intestazione, posta in essere da Pipitone e Angileri, di una società attiva nel commercio all'ingrosso di materiale ferroso, formalmente intestata alla moglie di Angileri; documentare l'operatività di Angileri nell'organizzare incontri riservati tra gli esponenti mafiosi, effettuando preliminari sopralluoghi in località non monitorate dalle telecamere dei carabinieri.

I militari sono riusciti ripetutamente a monitorare il passaggio del denaro tra gli affiliati, che era solitamente contenuto in buste di carta e indicato da loro con l'appellativo 'malloppo'. La famiglia mafiosa marsalese, per mantenere il controllo del territorio, si interessava al recupero di refurtiva sottratta a persone vicine al sodalizio criminale, a dirimere controversie tra gli agricoltori e i pastori della zona e contrastare l'apertura di nuove attività commerciali che avrebbero potuto incidere negativamente con quelle riconducibili a personaggi protetti dagli affiliati. Per questo programmavano atti intimidatori e danneggiamenti nel caso le vittime non si fossero convinte. 

Le indagini hanno consentito inoltre di dimostrare l'appartenenza alla famiglia mafiosa anche di Baldassare Marino, assassinato a colpi di arma da fuoco nelle campagne di Marsala il 31 agosto 2013. Nei suoi confronti erano stati raccolti rilevanti elementi anche in ordine alla fittizia intestazione di un'azienda marsalese, formalmente intestata a terzi e operante nel settore della produzione di conglomerato cementizio.