Mercoledì 8 Maggio 2024

Pensioni, le novità sull’anticipo. Ape possibile restando al lavoro

Le ipotesi allo studio. Due finestre per l’uscita gratuita

Pensionati davanti alla sede Inps di Milano (Newpress)

Pensionati davanti alla sede Inps di Milano (Newpress)

Roma, 28 marzo 2017 - I lavoratori che chiederanno l’Ape volontario potranno anche continuare a lavorare e, dunque, a versare i contributi e a far lievitare la pensione. È l’ultima frontiera dello strumento lanciato dalla legge di Bilancio e che ora, con questa integrazione nei decreti attuativi, si sdoppia nella finalità: da un lato potrà servire per anticipare l’uscita dal lavoro ma, dall’altro, potrà essere usato anche come un vero e proprio prestito garantito di fatto dalla pensione futura. In pratica, un’entrata aggiuntiva mensile che per tre anni e sette mesi al massimo si somma allo stipendio e che andrà restituita a rate dal momento del pensionamento. Nello stesso tempo, tutto è pronto anche per la gran corsa dell’Ape sociale e del canale agevolato per i precoci. Il primo giro per presentare le domande per questi trattamenti agevolati scatterà il primo maggio e si concluderà il 30 giugno. Il secondo si aprirà il primo luglio e si chiuderà il 30 novembre. E così i primi assegni potranno essere pagati tra ottobre e novembre, mentre gli altri, se resteranno risorse, tra gennaio e febbraio 2018. Il tutto con l’età del richiedente a far da criterio per le graduatorie. 

I decreti attuativi, insomma, sono sulla rampa di lancio e, come confermano sia Tito Boeri sia il regista dell’operazione, il professore Marco Leonardi, capo del team economico di Palazzo Chigi, «ci siamo, è questione di qualche giorno se non di ore». Ma, varati i provvedimenti attuativi, si tratterà di attendere il via libera di Consiglio di Stato e Corte dei Conti, anche se i tecnici della Presidenza e del Lavoro confidano in un rapido semaforo verde.  Ma vediamo le ultime novità in cantiere alla luce delle bozze più aggiornate dei provvedimenti. La prima riguarda l’Ape volontario. In pratica, i lavoratori con almeno 63 anni potranno chiedere di anticipare l’uscita di 3 anni e 7 mesi al massimo: a garantire il reddito fino al pensionamento sarà l’Ape, pari a un massimo dell’85% della futura pensione. A finanziarlo, un prestito ventennale che graverà sul trattamento previdenziale con una rata pari al 4,6-4,7% per ogni anno di anticipo. La novità emersa ieri è che la stessa somma mensile potrà essere chiesta anche senza lasciare il lavoro: in sostanza, diventa un reddito aggiuntivo rispetto allo stipendio, frutto di un prestito con le stesse caratteristiche e condizioni dell’Ape. 

Quanto all’Ape sociale (destinata a lavoratori svantaggiati come i disoccupati, coloro che assistono familiari disabili, invalidi al 74% o che appartengono a categorie con attività gravose) o al canale per i precoci (chi ha cominciato a lavorare prima dei 19 anni e ha raggiunto i 41 di attività), la novità è più che altro una conferma. In sostanza, essendo le risorse limitate (300 milioni per l’Ape gratuita e 360 per i precoci), si procederà da un lato attraverso il meccanismo delle finestre (quelle indicate) e dall’altro con verifiche e monitoraggio a tappe, con graduatorie basate sull’età anagrafica, fino a esaurimento fondi. In sostanza, si farà una prima classifica entro il 30 settembre, sulla base delle domande presentate tra maggio e giugno, seguendo il criterio dell’età del lavoratore. Al primo posto il più anziano, all’ultimo il più giovane. A quel punto si vedrà se rimangono risorse per la seconda tranche. 

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