Giovedì 25 Aprile 2024

Omicidio Varani, Foffo condannato a 30 anni

Marco Prato a processo il 10 aprile. Il padre di Luca: "Non è giustizia piena, questi assassini non possono essere giudicati con rito abbreviato"

Luca Varani, lo studente universitario ucciso in un appartamento di Roma (ansa)

Luca Varani, lo studente universitario ucciso in un appartamento di Roma (ansa)

Roma, 21 febbraio 2017 - Una condanna a 30 anni per Manuel Foffo(che ha chiesto il rito abbreviato) e processo per Marco Prato: ecco la tanto attesa decisione del gup di Roma in riferimento all'omicidio di Luca Varani. Il processo per Prato inizierà il prossimo 10 aprile. Nella condanna a carico di Manuel Foffo sono stati esclusi i motivi futili e la premeditazione. L'accusa era di concorso in omicidio volontario premeditato aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. A Foffo è stato comunque dato il massimo della pena, ovvero 30 anni di reclusione, comprensivi dello sconto di pena previsto nel rito abbreviato nel caso in cui si parta dall'ergastolo. Manuel Foffo dovrà anche risarcire con 200 mila euro i genitori della vittima (che riceveranno 100 mila euro ciascuno).

IL PADRE DELLA VITTIMA - "Sono amareggiato, non è giustizia piena. Questi omicidi non possono essere giudicati col rito abbreviato", ha dichiarato il padre di Luca Varani subito dopo la decisione del gup. L'abbreviato ha permesso a Foffo la riduzione di un terzo della pena: col rito ordinario avrebbe rischiato l'ergastolo.

IL MASSACRO - Secondo la ricostruzione della procura di Roma, Foffo e Prato avrebbero seviziato e ucciso Varani, dopo averne straziato il corpo con martello e coltelli da cucina. Tutto inizia la notte del 3 marzo 2016, quando, dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti, i due trentenni escono dalla casa di Foffo e vagano in auto nelle vie della città, "alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita". Tornati a casa, all'alba del 4, chiamano Varani invitandolo a recarsi nell'appartamento con la promessa di denaro in cambio di una prestazione sessuale. Una volta arrivato nell'abitazione, i due lo fanno denudare e gli offrono una bevanda con una dose di psicofarmaco che lo stordisce: a quel punto il giovane si reca i bagno e lì ha inizio l'atroce massacro che si conclude, due ore dopo, in camera da letto, con la sua morte.

LE INDAGINI E LE PROVE - Gli inquirenti confermano il ruolo dei due trentenni nella morte del giovane: tracce biologiche di entrambi sono presenti sulle armi, almeno tre, usate per uccidere Varani e questo farebbe cadere la tesi dei difensori di Prato secondo i quali il pr romano non avrebbe partecipato attivamente all'omicidio. La vittima viene colpita un centinaio di volte con martello e coltelli: secondo il referto dell'autopsia gli assassini si accaniscono con le martellate su testa e bocca del giovane, poi tentano di strangolarlo con una corda di nylon e subito dopo, con almeno due coltelli da cucina, gli massacrano la gola aprendola completamente senza però tagli letali. Il cadavere di Luca presenta almeno trenta ferite, meno profonde, su petto e testa che sembrano esser state inferte non per uccidere ma per fare soffrire. La vittima muore dissanguata, e solo allora, dopo quasi due ore di sevizie, gli assassini smettono di infierire sul suo corpo.

LA CONFESSIONE DI FOFFO - Secondo quanto raccontato da Foffo, che confessa l'omicidio il giorno dopo averlo commesso, terminato il massacro i due amici dormono a fianco del cadavere per circa sei ore. Poi, nel pomeriggio del 4 marzo, lasciano la casa per liberarsi degli abiti sporchi di sangue e del telefono cellulare della vittima. Quella notte Prato si fa accompagnare dall'amico in un albergo di piazza Bologna dove, racconta, di aver tentato il suicidio con un mix di alcol e barbiturici. Foffo invece passa la notte nell'appartamento del massacro, dormendo su un divano, a pochi metri dal cadavere. La mattina del 5 marzo, Foffo racconta al padre quanto accaduto e decide di costituirsi. È lui a portare i carabinieri nella casa dove il corpo della vittima giace da un giorno e mezzo. Quando gli inquirenti gli chiedono perché abbia ucciso il giovane, lui risponde solo: "Volevamo fare male...a qualcuno".