Prevedere se si svilupperanno infezioni in seguito a un impianto dentale grazie a un nuovo test diagnostico – disponibile in Italia entro i primi mesi del 2023 – basato sul semplice prelievo della placca batterica. Le infezioni sono un inconveniente tutt’altro che trascurabile: ogni anno, infatti, in Italia si sfiorano i due milioni e duecentomila impianti, ma la metà rischia di saltare proprio per via delle contaminazioni.
La diagnostica in odontoiatria prende le mosse da uno studio clinico italiano che ha decifrato il Dna dei microrganismi incriminati, individuando oltre 60 batteri finora sconosciuti fra i quali alcuni riconducibili alla mucosite e peri-implantite, le due malattie infiammatorie più diffuse che rischiano di compromettere il dispositivo.
Le novità sono state presentate al congresso internazionale della Fondazione Osteology, organizzato a Roma in tandem con la Società Italiana di Parodontologia (SIdP). Le infezioni possono colpire fino al 50% degli impianti dentali.
“Le complicanze infiammatorie dei tessuti intorno agli impianti dentali – ha dichiarato Nicola Marco Sforza, presidente SIdP – rappresentano vero un problema. L’introduzione di un nuovo test eseguito alla poltrona del dentista attraverso un semplice tampone, può rappresentare uno strumento integrativo del sondaggio e della radiografia dell’area dell’impianto, contribuendo a definire ‘una firma microbica’ riproducibile per le malattie perimplantari”.
C’è grande interesse intorno al nuovo test diagnostico che, dall’analisi del microbioma, può individuare precocemente il rischio di complicanze degli impianti dentali e scegliere in anticipo la terapia migliore in caso di problematiche infiammatorie. La mucosite e la perimplantite – infatti – colpiscono, rispettivamente, il 50% e il 15% degli impianti dentali; muoversi per tempo permette di trattare adeguatamente la mucosite, condizione completamente risolvibile, prima che progredisca verso la più grave perimplantite.
Una volta a disposizione, questo test sulla placca batterica potrebbe essere utilizzato sui pazienti a distanza di un anno dal carico dell’impianto, il tempo necessario per l’adattamento dei tessuti e consentire al dentista di intervenire precocemente, prima che l’impianto si ammali, scegliendo in anticipo la terapia più adatta ed eventualmente l’antibiotico migliore in caso di infezione, così da individualizzare ulteriormente le cure per il mantenimento dell’impianto.
L’obesità infantile è una problematica che sta assumendo proporzioni sempre più allarmanti in Italia, con…
Uno studio statunitense ha aperto la strada a un cambiamento nelle raccomandazioni relative alla colonscopia,…
Il mal di schiena è un problema che affligge tantissime persone in tutto il mondo,…
Una particolare tipologia di grasso superfluo sedimentato nei tessuti del corpo umano, e nello spessore…
Nel giardino dell’esperienza umana i profumi giocano un ruolo di silenziosi narratori, capaci come sono…
Negli ultimi cinquant’anni, il mondo ha assistito a una rivoluzione gentile, grazie ai vaccini. Malattie…