Oncologia

Tumore al cervello, la ricerca: terapia genica blocca le recidive

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Tumore al cervello, come fermare le recidive? Un team dell’ Ospedale San Raffaele di Milano in tandem con l’Istituto di Neuroscienze del CNR tenta di aprire una nuova strada per il trattamento dei tumori cerebrali più difficili da battere, quelli che si ripresentano a distanza di mesi o di anni dopo essere stati rimossi dal neurochirurgo e dal radioterapista, e nonostante i cicli di chemio, in particolare il glioblastoma multiforme (GBM) e le sue recidive, attraverso tecniche di terapia genica. La sperimentazione è avvenuta su modelli di laboratorio, quindi siamo ancora distanti dalle applicazioni sugli esseri umani, ma l’interesse è enorme perché stiamo parlando di una procedura che potrebbe fare la differenza, in aggiunta alle cure attuali, vale a dire bloccare la ricrescita delle poche cellule cancerose superstiti rimaste quiescenti nel tessuto sano dopo le terapie, e che sono in grado di sviluppare resistenze ai farmaci antineoplastici. Le vicende umane di personaggi amatissimi dal grande pubblico, come Fabrizio Frizzi e Nadia Toffa, ci aiutano a comprendere quante aspettative e quante speranze accompagnano queste ricerche.

 

I risultati di questo studio, coordinato da Vania Broccoli e Alessandro Sessa e uscito su Science Advances, mostrano le potenzialità di una nuova classe di fattori antitumorali che si sono rivelati capaci di inattivare specifici geni che consentono alla massa cancerosa di riformarsi, risparmiando i tessuti sani encefalici, come ad esempio i neuroni e la guaina mielinica. Questa indagine è sostenuta dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

 

Inattivare l’oncogene SOX2

“La nostra idea – ha scritto Alessandro Sessa, del Laboratorio cellule staminali e neurogenesi del San Raffaele – è stata quella di inattivare l’oncogene SOX2, che normalmente sostiene la malignità tumorale, attraverso la creazione di una copia antitetica. Utilizzando una tecnica di terapia genica abbiamo inserito in vettori virali il fattore chiamato SES (SOX2 Epigenetic Silencer). Siamo così stati in grado di ridurre drasticamente la crescita tumorale in modelli di glioblastoma multiforme, e abbiamo anche potuto constatare la sicurezza della procedura”. Si è trattato, in altri termini, di creare una sorta di avatar genetico, capace di disattivare tutte le espressioni a valle dell’oncogene SOX2.

 

Chirurgia e radioterapia

“I risultati ottenuti dovranno ora essere valutati attentamente prima di poter essere testati su pazienti. In prospettiva, questo trattamento potrebbe essere contestuale alla rimozione chirurgica del tumore, senza che sia necessario sospendere chemioterapia e radioterapia, che sono oggi lo standard per questo tipo di tumori”, conclude Vania Broccoli, responsabile del CNR-IN e dell’unità Cellule Staminali e Neurogenesi del San Raffaele. “Lo scopo è quello di colpire sia le cellule malate residue sia le cellule staminali del cancro, e sopprimere la loro attività tumorale”.

 

Applicazioni future

Per quanto riguarda il fattore SOX2, questo può essere rilevato, oltre che nel tumore al cervello, anche nelle metastasi al fegato, mentre la tecnica messa a punto potrebbe essere utilizzata, in linea di principio, per veicolare altri fattori antitumorali, con applicazioni nel carcinoma del polmone, della mammella, nel tumore epatico e renale.

 

Fattore antitumorale

Nell’immagine a corredo della ricerca si vede l’ippocampo, una specifica regione del cervello. In verde le cellule sane e in rosso le cellule che esprimono il fattore SOX2 Epigenetic Silencer. L’analisi è fatta a un mese dalla chirurgia e dimostra come le cellule sane del cervello non siano alterate dal nuovo fattore antitumorale SES.

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