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Tavi, migliora il flusso delle valvole cardiache

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Al congresso internazionale di cardiologia EuroPCR, che si è svolto a Parigi, è stata presentata l’ultima release del Registro Ital-Neo, che raccoglie dati su 900 casi di pazienti affetti da stenosi aortica sottoposti alla sostituzione della valvola per via transcatetere, tecnicamente denominata Tavi. Lo studio, coordinato da Andrea Buono, cardiologo interventista presso l’ospedale Poliambulanza di Brescia, si legge in un comunicato, ha registrato un netto miglioramento delle risposte conseguenti all’adozione di sistemi valvolari AcurateNeo2, in particolare per quanto riguarda la riduzione del rigurgito paravalvolare aortico, fattore di rischio che grazie all’innovazione viene abbassato di tre volte rispetto ai sistemi precedenti, passando dall’11,2% al 3,5%. Ital-Neo è un registro retrospettivo che mette in rete i risultati di 13 centri collaborativi di cardiologia interventistica in Italia.

 

Pacemaker definitivi

Sono incoraggianti, infine, i dati che riguardano l’impianto di pacemaker definitivi, intervento che può rendersi necessario per molti pazienti dopo la sostituzione della valvola danneggiata. Anche su questo fronte Acurate Neo2, prosegue il comunicato, ha evidenziato l’esigenza di un pacemaker solo nella misura del 7,6% dei casi, un fattore che non solo riconferma la bassa invasività della procedura e la sicurezza per il paziente, ma contribuisce a ridurre drasticamente i giorni di ricovero ospedaliero, con vantaggi economici evidenti e dimostrabili.

 

Tecnica d’impianto

Da parte coordinatore dello studio arrivano commenti incoraggianti: “Il Registro Ital-Neo, condotto in 13 tra i Centri di Cardiologia Interventistica più importanti in Italia – ha scritto Andrea Buono – dimostra la maggiore efficacia e sicurezza del sistema di nuova generazione Acurate Neo2, in confronto al predecessore. Le innovazioni del dispositivo hanno ridotto drasticamente l’incidenza di rigurgiti paravalvolari post-Tavi e hanno migliorato la tecnica d’impianto. Questi dati sono stati confermati anche a 90 giorni dalla dimissione. La necessità di ricorrere a un impianto di pacemaker definitivo è risultata bassa anche considerando la non trascurabile prevalenza di disturbi legati alla conduzione del ritmo cardiaco di cui i pazienti erano affetti ancor prima di sottoporsi all’intervento”.

 

Nella foto: ospedale Poliambulanza, blocco operatorio cardiovascolare

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