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Speranze concrete contro il morbo di Crohn

di
Monica Raschi
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Malattia di Crohn, una patologia caratterizzata da un processo infiammatorio cronico che può interessare tutto l’apparato digerente e che, attualmente, interessa circa 130mila persone in tutta Italia, il 25 per cento dei quali ha meno di 20 anni e in una percentuale intorno al 4/5 per cento ha un’età inferiore ai cinque anni. Chiediamo al professor Silvio Laureti, associato di Chirurgia generale all’Università di Bologna e coordinatore dello studio Attic che cosa sta accadendo.

 

Professore, intanto le chiedo di spiegare che cosa è la malattia di Crohn.

«È una malattia caratterizzata da un processo infiammatorio cronico transmurale che può interessare, in maniera segmentaria, tutto l’apparato digerente. La patologia può complicarsi con lo sviluppo di fistole e/o ascessi perianali in circa 1/3 dei casi (23-38%). La comparsa della malattia perianale di Crohn (MPC) rappresenta una patologia molto invalidante e la compromissione della qualità della vita dei pazienti».

 

Quali le cause di questo abbassamento di età negli ammalati?

«Difficile da dire perché lo spettro della patologia è molto complesso. Si tratta di una reazione anomala del sistema immunitario, c’è sicuramente una predisposizione genetica scatenata da fattori ambientali. Oltre che una maggiore sensibilità alla diagnosi. Nei bambini si pensa posso essere un abuso di antibiotici che modifica la flora batterica intestinale».

 

L’impatto clinico e sociale deve essere altissimo.

«Si stima che i costi per l’Inps siamo di 21 milioni all’anno, senza contare quelli sostenuti singolarmente dai pazienti. Per questo si stanno cercando nuove vie per la guarigione, visto che i farmaci biologici, che pur hanno cambiato l’algoritmo di trattamenti, riescono a guarire solo il 50 per cento dei malati».

 

Ci parli di questo nuovo studio, di qui è il coordinatore e che riguarda la malattia perianale di Crohn.

«Si tratta dell’utilizzo del dispositivo Lipogems, dispositivo medico certificato e autorizzato per il prelievo e la processazione del tessuto adiposo. La procedura può essere completata in meno di un’ora sia in sala operatoria che in un ambulatorio chirurgico. Prevede un piccolo prelievo di tessuto adiposo, generalmente dall’addome, la processazione dello stesso e il successivo innesto. Questo processo di micro frammentazione simula un danno tissutale ed innesca i naturali processi di riparazione dei tessuti».

 

A Bologna è già stato utilizzato?

«Sì, siamo stati i primi al mondo nel 2016. Abbiamo trattato 15 pazienti e dieci di loro sono completamente guariti. Adesso è iniziato uno studio clinico su 80 pazienti al quale partecipano, oltre al Sant’Orsola, il Luigi Sacco di Milano, il Careggi di Firenze, il Gemelli di Roma e il Federico II di Napoli. I risultati saranno pronti tra circa 18 mesi».

 

Nel team del professor Laureti ci sono i professori: Gilberto Poggioli, direttore Dipartimento medico chirurgico Malattie digestive, epatiche ed endocrinometaboliche del Sant’Orsola e Paolo Gionchetti, direttore SSD Malattie infiammatorie croniche intestinali del Policlinico che segue con lui lo studio e tutti i pazienti con malattia perianale.

 

Mentre per quanto riguarda il dispositivo oggetto dello studio è prodotto dalla Lipogems International Spa che è una multinazionale italiana, con sede a Milano, la quale opera nel settore delle biotecnologie e della medicina rigenerativa.

 

 

Il professor Silvio Laureti (primo a destra) e la sua equipe al Sant’Orsola di Bologna

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