Medicina

Screening neonatale, così si arriva alla diagnosi precoce

di
Maurizio Maria Fossati
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Difficili da riconoscere, difficili da curare, si chiamano “rare” le malattie che hanno bassissima prevalenza nella popolazione: non superiore a 1 caso su 2mila abitanti secondo la definizione dell’Unione Europea. Le malattie rare sono migliaia, diverse tra loro, spesso invalidanti, e colpiscono organi diversi. Emerge quindi lampante la difficoltà e, nel contempo, la necessità principale: arrivare rapidamente a una diagnosi certa per potere intraprendere l’assistenza adeguata e, ove possibile, la cura.

 

Indagini neonatali

Lo screening neonatale può aiutare. Ne parliamo con Erica Daina, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Ranica (Bergamo). «L’Italia – spiega l’esperta – è uno degli stati membri dell’Unione Europea che ha allargato maggiormente lo screening neonatale di malattie rare con il test sulla goccia di sangue prelevata dal tallone dei neonati. Oggi sono circa 50 le malattie rare indagate con questo metodo di diagnosi precoce. E, per il futuro, c’è il progetto di allargare quest’indagine ad altre patologie. Ovviamente, però, l’importante è che, una volta fatta la diagnosi, il piccolo paziente risultato positivo per una delle malattie indagate e la sua famiglia vengano seguiti in un percorso strutturato di accompagnamento».

 

Sviluppo neurologico

«Le patologie rare rilevate alla nascita – continua – sono per la maggior parte malattie metaboliche che possono condizionare il normale sviluppo neurologico del bambino. E lo screening permette di individuare e trattare precocemente questi difetti, evitandone le complicanze. Purtroppo per la maggior parte delle malattie rare ancora manca una terapia risolutiva, ma trattamenti appropriati consentono di migliorare la qualità e la durata della vita dei pazienti». Proprio per migliorare la qualità di vita dei pazienti sono fondamentali le Reti di assistenza regionali e nazionale.

 

Territorio

«È importante offrire a ogni paziente l’assistenza il più vicino possibile a casa, tuttavia nel caso delle malattie rare questo non è sempre facile – spiega la dottoressa Daina, che è anche referente del coordinamento della Rete lombarda malattie rare – . Ecco quindi che è nata l’esigenza di organizzare una Rete nazionale, articolata in una serie di Reti regionali, che possa contare su Centri di riferimento adeguatamente competenti. Infatti, più rare sono le malattie e più è necessaria una collaborazione a tutto campo per poterle conoscere e curare. Ma non solo. I documenti messi a punto nel corso della realizzazione dei ‘Percorsi Diagnostici, Terapeutici e Assistenziali’ sono anche strumenti utili per rinforzare la collaborazione tra gli specialisti dei Presidi, i pediatri di libera scelta, i medici di medicina generale e tutti gli operatori sanitari coinvolti. Inoltre, i modelli costruiti per affrontare situazioni rare possono tornare utili anche per la migliore gestione delle malattie più comuni”. Per avere un quadro complessivo della diffusione delle malattie rare sul territorio nazionale e migliorare la conoscenza riguardo a cause e fattori di rischio associati, l’Istituto Superiore di Sanità ha istituito un Registro nazionale delle malattie rare.

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