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Prevenire la disabilità, basilare l’impegno delle istituzioni

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Esistono varie forme di sclerosi multipla, tra cui le forme isolate (CIS-RIS), la recidivante remittente (SM-RR), le forme primariamente e secondariamente progressive (PP, SP). La terapia delle forme recidivanti remittenti avviata il più precocemente possibile riduce la progressione verso la disabilità. Nei pazienti con CIS l’impiego di farmaci immunomodulanti e immunosoppressori riduce la comparsa di un secondo attacco, con significativa riduzione della comparsa di nuove lesioni a livello encefalico valutabili con la risonanza magnetica. Queste osservazioni vengono dal documento di sintesi del programma di incontri #multiplayer promosso da Motore Sanità col sostegno incondizionato di Celgene-BMS, Bristol Myers Squibb, e il concorso dei maggiori specialisti italiani.

 

La diagnosi precoce e l’inizio tempestivo con le terapie a elevato grado di efficacia rappresentano due elementi fondamentali per ridurre il più possibile l’impatto della malattia. L’approccio multidisciplinare è la chiave di volta per garantire cure adeguate, deve avvenire sia in ambito sanitario, sia in quello socio-assistenziale. I farmaci innovativi richiedono un ripensamento della logica economica legata ai silos budget e il percorso terapeutico deve essere continuamente rivalutato nel tempo per beneficiare delle scoperte che la ricerca offre.

 

La prospettiva è quella di potenziare i servizi di telemedicina che risultano fondamentali per il monitoraggio e la cura dei pazienti con sclerosi multipla. Le Associazioni dovrebbero essere più coinvolte nei tavoli decisionali, compresi quelli di stesura dei PDTA. L’attuale distinzione tra forme recidivanti e progressive va riesaminata. Un sistema a rete vuol dire che dovrebbero lavorare in squadra medici e infermieri, fisioterapisti, radiologi e così via, insieme alle istituzioni, ai pazienti stessi e a quanti si fanno carico delle loro necessità, perché la malattia si modifica nel tempo e pone esigenze diverse, visto che con l’età cambiano le esigenze e può cambiare anche il contesto sociale e familiare.

 

«La pandemia da Covid-19 – hanno scritto vari relatori, tra i quali Paolo Bandiera direttore affari generali e advocacy di Aism – ha alleggerito molti aspetti burocratici (ricetta dematerializzata, rinnovo piani terapeutici) che dovrebbero essere mantenuti anche per il futuro. Tutti i centri specialistici e riabilitativi devono essere dotati di infermieri specializzati, promuovendo una rete di dialogo tra tutti i centri. I percorsi terapeutici e riabilitativi devono includere in maniera sempre maggiore la sanità territoriale. I PDTA (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) devono essere rivisti nel tempo per poter rispondere ai nuovi bisogni del paziente».

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